La questione del terzo mandato non ha senso finché sono in vigore delle leggi elettorali, comunali e regionali, che consentono un potere monocratico senza contrappesi di potere. Nel momento in cui le Regioni si sono trasformate da assemblee puramente legislative in enti amministrativi, si sono introdotte leggi elettorali che hanno portato a un potere “blindato”: per esempio, pur rappresentando solo il 22% degli elettori, si ottiene il 60% dei seggi del Consiglio regionale. Questo è un sistema che premia le minoranze, facendole diventare maggioranze assolute, e che non incentiva la partecipazione al voto.

Il sindaco cesarista

C’è poi la figura del sindaco cesarista, che paga pegno alle tante liste di sostegno con le nomine di assessori e con le nomine negli enti pubblici, dove mette chi vuole lui. Usa le “determinazioni” di dirigenti da lui stesso nominati e bypassa il Consiglio comunale. Che, in sostanza, non conta nulla: rimane come un residuo di una democrazia rappresentativa, che è stata spazzata via con la bufala della stabilità di governo e della semplificazione del numero dei partiti. Si è fatta una legge per i Comuni in cui non c’è più nessun equilibrio di poteri e possibilità di controllo. Il sindaco si blinda con liste fasulle e con un premio di maggioranza che è esattamente quello che non volevano i costituenti: la “dittatura della maggioranza”.

Il “consociativismo”

È stato buttato al macero un sistema elettorale che garantiva una maggioranza “costituzionale”, rispettosa anche della minoranza e delle opposizioni. Ma tutto questo è stato bollato come “consociativismo”, il che ha portato gruppi e soggetti politici a dimenticare che la politica è ricerca della mediazione tra interessi diversi; che il compromesso tra posizioni diverse è parte essenziale dell’agire politico. Di fatto, con il ricatto che il sindaco ha nelle sue mani (“o fate come dico io o mi dimetto e andate tutti a casa”), il Consiglio e la maggioranza sono in ostaggio. Il combinato disposto della personalizzazione e del cesarismo porta a uno squilibrio dei poteri e alla mancanza del confronto, della dialettica: le maggioranze vivono con fastidio le critiche delle opposizioni e temono tutto ciò che può dare fastidio al “cesare”. E il “cesare” stesso sente come attacco personale qualsiasi appunto, qualsiasi dissenso dalle sue posizioni o dalle sue scelte.

L’astensionismo crescente

Sistemi elettorali maggioritari con premi di maggioranza che fanno moltiplicare le liste e i gruppi di potere e di sottopotere; assenza di valori e di strategie che riducono “partiti” e gruppi politici a pure macchine elettorali e di potere; le correnti “partitiche” che non contribuiscono a elaborare valori, idee, progetti, programmi, ma sono organizzazioni di distribuzione di posti e di potere; i politici che diventano politicanti, alla ricerca spietata del consenso purchessia; conflitti di interesse che diventano la prassi normale; l’affarismo passato per interesse pubblico. E tra i cittadini monta una diffusa disistima per il “politico” e per la “politica”, che porta a un astensionismo sempre crescente e a un abbandono della partecipazione democratica: perfino un atto semplice come il voto viene ritenuto inutile.

La pagliuzza o la trave

Un partito riformista si sarebbe da tempo battuto per avere una legge sui partiti, applicando finalmente il dettato dell’articolo 49 della Costituzione. Ci si perde a guardare la pagliuzza (il terzo mandato) invece di vedere la trave (leggi elettorali “cesariste”). Non si combatte neanche la demolizione – in atto da tempo – del sistema rappresentativo stravolto da decreti legge, voti di fiducia e Leggi di bilancio monocamerali o lo stravolgimento degli equilibri istituzionali (13esimo voto per un giudice costituzionale e quarto scrutinio per altri 3 giudici costituzionali). Tutto va bene, Madama la Marchesa.