Non ci sono dubbi, la diffusione del Covid-19 sta accelerando esponenzialmente. Il rischio di una nuova crisi delle terapie intensive è un’eventualità più che probabile. Se non ci si vuole rassegnare, vi sono due sole strade possibili. La prima prevede nuovi lockdown più o meno mascherati. Una «misura di cieca disperazione» come la definì il professor Ricciardi. Misura disperata e con effetti tragici sull’’economia. Con danni gravi al capitale umano dei ragazzi. Con effetti anche sociali ed economici di lungo termine potenzialmente catastrofici. Se il lockdown è misura disperata e risorsa estrema, potrebbe tuttavia essere politicamente accettata di fronte alla sorpresa. Ma dopo otto mesi, due proroghe dello Stato di emergenza, centinaia di provvedimenti, decine di comitati, infinite analisi, non è e non sarebbe accettabile. Anche per i suoi costi in termini di diritti e libertà costituzionali.

Un’altra strada c’è. È quella di ricorrere a test di massa, sistematici, prolungati tanto quanto serve, probabilmente fino alla disponibilità effettiva di un vaccino. Il sito Ourworldindata.org, sviluppato dall’Università di Oxford ci ricorda che l’Italia è tra i paesi Ue e i Paesi avanzati agli ultimi posti quanto a tamponi giornalieri in percentuale alla popolazione. Meno di un terzo di Uk, la metà circa di Francia, Spagna e Germania. Persino meno di Grecia e Portogallo. Il testing di massa richiederebbe di affiancare ai tamponi molecolari test più semplici, che utilizzino la saliva, e che siano più facilmente somministrabili se non addirittura auto-somministrabili. Lo sappiamo. Allo stato l’affidabilità di questi test è bassa. Tuttavia, mentre dal punto di vista individuale ciascuno non può sentirsi tranquillo, dal punto di vista del controllo dell’epidemia è sufficiente intercettare anche una piccola quota di positivi asintomatici.

Il prezzo di questi test sta velocemente scendendo. Da più parti si ipotizza che essi possano presto essere acquistati al costo di un euro ciascuno. Testare tutti gli italiani tutte le settimane comporterebbe la effettuazione di 10 milioni di test al giorno per sei giorni la settimana. Con un costo di circa 60 milioni di euro a settimana. Due miliardi sarebbero sufficienti fino alla prossima estate. Per fare un raffronto, due mesi di lockdown, immaginando che riguardi un quinto delle attività economiche, comportano una perdita di Pil di circa 55 miliardi, e una perdita automatica di entrate fiscali di 25 miliardi. Ma l’esperienza ci ha insegnato che il costo effettivo per la finanza pubblica sarebbe ben maggiore, perché qualunque governo in carica tenterebbe di alleviare l’effetto delle chiusure su famiglie e imprese. Gli effetti del lockdown di questa primavera hanno portato il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche – la differenza tra entrate e uscite per cassa – dalla velocità di circa 50 miliardi ogni 12 mesi, sulla quale si era assestato negli ultimi anni, a 110 miliardi.

Il testing di massa costituisce una ipotesi di intervento che va facendosi strada in tutto il mondo. Con autorevoli sostenitori (ad es. Paul Romer, Nobel per l’economia). L’economista John Cochrane sul suo blog sta facendo una vera e propria campagna in questo senso.
Nonostante la semplicità dei nuovi strumenti diagnostici di cui qui si parla, il testing di massa richiederebbe una complessa organizzazione: non solo per l’approvvigionamento e la distribuzione, ma anche perché le richieste di compiere gli accertamenti più affidabili, i tamponi molecolari, crescerebbe molto velocemente e questo sì richiederebbe un investimento finanziario e organizzativo molto rilevante. Ma si tratta di un investimento che – ormai lo abbiamo imparato – varrebbe anche per una ipotetica nuova epidemia futura, e potrebbe essere finanziato con le risorse europee.

Inoltre la scelta del testing di massa richiederebbe di abbandonare il modello accentrato fin qui seguito: non vi è motivo per continuare a introdurre restrizioni all’utilizzazione di strutture – a partire dai laboratori di analisi – private. Né vale l’obiezione di chi osserva che solo persone più abbienti potrebbero far ricorso a strutture private, e a prezzi probabilmente in rialzo. Perché quelle stesse persone così facendo allenterebbero la pressione sul sistema pubblico, con ciò stesso aiutando anche i meno abbienti. Non c’è molto tempo per intraprendere questa strada. Fuori da quella scelta, resta solo la cieca disperazione di nuovi lockdown. Con tutti i suoi effetti sulle nostre libertà e sul nostro benessere.

Natale D'Amico, Giovanni Guzzetta

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