La tragedia di Idlib è il simbolo della ipocrisia dell’Occidente e della mancanza di una Europa politica che abbia una voce forte in politica estera e di difesa. Ma la questione che più fa riflettere è la pressoché totale assenza di informazione su uno degli eventi più gravi del nostro tempo, sia per quanto riguarda la tragedia umanitaria in atto, sia per quanto concerne le ripercussioni geopolitiche e militari.

La guerra in Siria ha avuto gli onori della cronaca solo in presenza di eventi sconvolgenti: l’uso di armi chimiche o la distruzione totale di alcune città. Oggi gli abitanti di Idlib e le centinaia di migliaia di rifugiati che vivono nella zona non hanno nemmeno l’onore delle cronache. Eppure oggi questo territorio è definito da alcuni “la più grande metropoli di rifugiati del mondo”.

Sul territorio siriano si sta svolgendo una sorta di guerra mondiale in miniatura dove si scontrano le truppe di Erdogan entrate da nord (con l’appoggio degli USA) con quelle di Assad che ha calpestato le vite di centinaia di migliaia di suoi concittadini, mentre i bombardieri di Putin distruggono ospedali, infrastrutture e uccidono civili. Il conto di questa interminabile “guerra ai civili “conta quasi mezzo milione di morti e milioni di profughi. Nei dintorni della martoriata città di Idlib oggi sono presenti complessivamente oltre 100.000 soldati e molte migliaia di mezzi corazzati. Eppure i grandi giornali e i telegiornali parlano d’altro.

La caduta di Idlib potrebbe provocare un nuovo esodo di milioni di rifugiati siriani verso la Turchia, che già oggi ne ospita più di 3 milioni. Numeri che fanno letteralmente impallidire i nostri ridicoli dibattiti casalinghi sulla assistenza a qualche migliaio di disperati che arrivano sulle nostre coste via mare.

Quello che è certo è che in questi anni, come in questi giorni, in Siria sono stati compiuti e si compiono crimini di guerra. Radicali Italiani, da 8 lunghi anni, chiede l’intervento della giustizia internazionale e chiede, quindi, che l’Italia e l’Europa divengano protagonisti di questo conflitto tirando l’unico filo possibile, quello della giustizia. Quando diciamo che non ci sarà mai pace senza giustizia pensiamo alla ex-Jugoslavia o al Sudan, pensiamo al fatto che il punto di partenza per la ricostruzione sociale, democratica e civile, può partire solo dalla condanna di chi ha commesso i crimini di guerra e contro l’umanità. Oggi riproponiamo il nostro appello “Assad all’Aja!” a tutte le forze politiche italiane ed europee con la consapevolezza che questa Europa che non c’è è una delle cause della tragedia in atto.