I repubblicani paralizzano le mosse di Joe Biden sia in politica estera che interna, essendo Trump in vantaggio netto.

E quindi il Grand Old Party baratta i fondi per l’Ucraina con una stretta brutale alla frontiera col Messico da cui arrivano i corrieri di cocaina, metanfetamine, l’oppioide sintetico Fentanyl, il Kratom e l’allucinogeno sintetico flakka mescolati con la colonna dei migranti che passano i varchi del reticolato iniziato da Bill Clinton, proseguito da Obama, da Trump e dallo stesso Joe Biden. I tre leader repubblicani – Trump, DeSantis e Nikky Haley, minacciano di fare al Messico quel che Putin ha fatto in Ucraina per spazzare via uomini, laboratori e strutture dei narcotrafficanti, dal cartello di Sinaloa erede di Joaquin Guzmàn detto “El Chapo” a “Jalisco Nueva Generation” con le collaterali organizzazioni del Golfo e di Suarez.

La crescita di Haley: Trump non è più l’unico

La minaccia di invadere il Messico è stata ribadita da Nikki Haley, che è l’unica candidata in grado di battere Trump e che è già stata ambasciatrice americana alle Nazioni Unite dopo aver governato il South Carolina. Particolare curioso: il suo vero nome è Nimarata Randhawa perché è di origine indiana come l’attuale vicepresidente Kamala Harris e come il Primo Ministro britannico Rishi Sunak. La crescita della Haley è evidente: giorno dopo giorno è lei a progredire sia nei sondaggi sia nel primo caucus del New Hampshire, dove ha corroso la base trumpiana conquistando il 29 per cento degli elettori repubblicani, facendo scendere “The Donald” dal sessanta al quarantaquattro. Trump è sempre fortissimo, ma non è più l’unico. Per ora il terzetto sembra compatto, malgrado sporadiche rasoiate, sulla strategia: Trump, Haley e DeSantis hanno deciso di imporre un pedaggio a Joe Biden che chiede nuovi fondi per ‘Ucraina: se vuoi armare gli ucraini con i soldi dei contribuenti, prima devi difenderli dagli avvelenatori messicani che entrano ed escono con gli immigrati”.

E per far capire al Presidente che fanno sul serio, si sono garantiti l’apertura dell’impeachment di Biden alla House del Congresso, puntando sull’indebolimento quotidiano di Biden a causa del processo contro suo figlio Hunter che rifiuta di farsi interrogare dalla commissione Giustizia sui suoi loschi affari.

La commissione cerca il filo che potrebbe collegare Biden padre ai traffici di Biden figlio e questo proprio mentre crollano i consensi della sinistra Dem schierata con i palestinesi, cosa che ha bloccato di colpo le erogazioni dei benefattori ebrei delle università devastate dalle manifestazioni antisraeliane.L’intero quadro politico porta ogni giorno nuovi consensi ai repubblicani e personalmente a Trump (attendendo di vedere la Haley come procederà) tanto che il New York Times ha annunciato una reimpaginazione in grado di dare il massimo spazio alla resistenza contro l’irresistibile crescita di Trump.

La spaccatura drammatica e il confronto tra le due visioni

Gli Usa sono quindi di fronte a una spaccatura drammatica di dimensioni sconosciute alla storia di questo Paese, se non ai tempi della Guerra Civile e a quella dell’integrazione negli anni Sessanta, quando la frattura nel Paese non soltanto politica ma anche morale, pronti alle armi sia gli unionisti che i confederati. Quella fra democratici e repubblicani non sembra più la sfida tra spericolati progressisti e solidi conservatori, ma tra due modi di essere americani e due modi di vedere il mondo. Trump ha riproposto con successo l’isolazionismo: “Noi abbiamo la fortuna – ha ripetuto più volte – di avere due nazioni amiche, una sopra e una sotto, e due oceani ai lati. Non vogliamo versare sangue per gli europei e nemmeno per gli asiatici: vogliamo commerciare e arricchire, perché siamo i più bravi a fabbricare e vendere”. Oggi la definizione è invecchiata perché il Paese “di sotto” cioè il Messico, rischia la purga ucraina, ed è un fatto che questo atteggiamento attragga moltissimo mil Presidente russo Vladimir Putin.

Negli Stati “rossi” (questo è il colore della destra in America) persino l’aspettativa di vita è diversa da quella degli Stati azzurri amministrati dai Democratici: neghi Stati rossi l’aspettativa di longevità è inferiore a quella degli stati blu, perché diverso è l’atteggiamento nei confronti dell’aborto, con la novità che sul fronte antiabortista si schiera una parte della sinistra afroamericana convinta che l’aborto ad ogni angolo di strada è stato il principale mezzo di contenimento dei neri, insieme al sussidio alle minorenni incinte che restano incinte fino alla menopausa per non perdere il sussidio.

L’opinione repubblicana di oggi somiglia moltissimo a quella che prevaleva ottanta anni fa anche in campo democratico, fino all’entrata in guerra contro la Germania, che il presidente Roosevelt aveva evitato ma che fu impossibile ignorare quando Hitler gli fece recapitare la sua sprezzante dichiarazione.

Il ritorno alle origini dell’America

La posizione di Trump è oggi – e per quanto sembri paradossale – pacifista, mentre quella democratica, per motivi anche morali, è sempre pronta alla rissa con l’entità russa, sia che si chiami Unione Sovietica o Federazione. Stiamo assistendo quindi a un ritorno alle origini dell’America che rifiuta di sacrificare un solo uomo per le beghe tra europei, mentre il vertice Dem resta interventista. Un secolo fa era popolare il motto del Presidente repubblicano Theodore Roosevelt (zio di Franklin Delano), che regnò per quattro mandati consecutivi: “Parla a bassa voce, ma ricorda di impugnare sempre un nodoso bastone”.

L’America che seguita a spostarsi verso Trump – e verso Nikki Haley – è quella che chiede due condizioni esistenziali per la nazione americana: un massiccio investimento sulle forze armate affinché siano sempre superiori a quelle di tutto il resto del mondo, così da non creare illusioni a chi volesse usare la forza.

La seconda condizione è la garanzia planetaria di competere su tutti i mercati in piena libertà. Detto in soldoni: i repubblicani lascerebbero mano libera a Putin in Europa purché siano salvi i commerci. Questo è il senso dello slogan “Make America Great Again” che è stato assorbito da un elettorato composto non dai grandi ricchi, ma dalla piccola borghesia e dagli immigrati regolari con cittadinanza americana che non vogliono mettere a rischio il proprio posto di lavoro.

Il campo democratico è impantanato nella discussione su cosa sia meglio: se tenersi Biden per ricandidarlo o sostituirlo. Ma è un dilemma insolubile perché Biden si sente nel pieno delle sue forze, salvo qualche inciampo e sfumate amnesie mentre parla in pubblico.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.