Sono in aumento le telefonate al numero verde antiviolenza che arrivano da bambini o ragazzi, cioè da figli di donne costrette a subire botte e minacce da mariti o compagni violenti. È il dato che emerge da un recente studio condotto dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) e discusso mesi fa, in sede di audizione dinanzi alla Commissione di inchiesta sul femminicidio, dall’esperta Linda Laura Sabbadini.
Nell’ultimo anno il database del numero nazionale antiviolenza e stalking 1522, un numero gratuito messo a disposizione dal Dipartimento per le Pari opportunità, ha consentito di estrapolare 847 casi di telefonate avvenute per segnalare un caso di violenza da parte dei figli della vittima. I dati dello studio fotografano la situazione a inizio 2020, il lockdown ha acuito il fenomeno e si prevede un ulteriore aumento dei casi di violenza domestica. Leggendo i numeri e le percentuali colpisce che il 69% delle vittime che si rivolgono al numero verde ha dichiarato di avere figli, e nel 59% dei casi si tratta di minori. Più della metà delle vittime (il 62%) ha affermato che i figli hanno assistito alla violenza e nel 18% dei casi l’hanno anche subita. Sono cifre che raccontano storie di sofferenza e sopportazione, di paura e dolore, di coraggio e disperazione.

Negli ultimi anni l’instabilità coniugale in Italia è apparsa in costante crescita, le separazioni sono state più numerose dei divorzi. La propensione a separarsi è risultata inoltre diversa tra Centro-Nord e Mezzogiorno. La media nazionale annua è di 819 matrimoni ancora in essere dopo i 14 anni su un campione di 1000, il dato diminuisce a 761 nel Nord Italia mentre aumenta a 889 nel Mezzogiorno. Il Sud quindi mostra una maggiore tenuta dell’unione matrimoniale. Ma se si osservano anche i casi di violenza sulle donne lo scenario si fa a tinte fosche. I dati raccolti dall’Istat dicono che nel corso della loro vita quasi 3milioni e 700mila donne italiane hanno interrotto una relazione, anche senza convivenza, perché subivano almeno un tipo di violenza, fisica, sessuale o psicologica. Puntando la lente sugli ultimi cinque anni, è emerso che sono 538mila le donne vittime di violenza fisica o sessuale da ex partner, 131mila delle quali sono separate e divorziate.

Un quinto di loro si sono recate presso le forze dell’ordine per denunciare i maltrattamenti e gli abusi ma nel 60% dei casi non hanno firmato il verbale. Nel 4,7% dei casi si sono rivolte a centri antiviolenza o agli sportelli di aiuto contro la violenza di genere, mentre il 13,2% di queste ha dichiarato di non sapere della loro esistenza. Non tutte, alla fine, lasciano i mariti dopo le botte. Il 37,7% ha dichiarato di averlo fatto perché il partner aveva promesso di cambiare, il 30,2% per concedere una seconda possibilità, il 16,4% per amore. Il 27,6% delle donne con figli ha dichiarato di essere tornata con il marito per il bene dei figli.

Il panorama umano è estremamente vasto, il tema molto complesso e delicato. Il fattore culturale ha un’importanza decisiva, così come la comunicazione e l’informazione. Sul fronte della conoscenza del fenomeno legato alla violenza di genere ci sono ancora gap da colmare. L’Istat ha condotto uno studio anche su questo aspetto e il risultato è poco confortante: il 25,4% degli intervistati ha detto di ritenere accettabile il controllo dell’uomo sulle attività della compagna o gli schiaffi dati alla propria donna e il 23,9% ritiene che sia la donna a provocare la violenza ai suoi danni.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).