Non riusciva a urlare, anche se le era “venuto in mente”, ma “non riuscivo, perché ero più concentrata a tirarlo via o comunque… sì, poi c’erano anche gli altri.. ero in una situazione un po’ che mi vergognavo…Non lo so…”. È il racconto drammatico che fa la 19enne presunta vittima di uno stupro di gruppo da parte di Francesco Corsiglia e poi, in un secondo momento dopo un paio d’ore, da Ciro Grillo, Vittorio Lauria ed Edoardo Capitta.

I fatti, come noto, sono quelli avvenuti il 17 luglio 2019 nella villa in Sardegna del comico e garante del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo: una vicenda per la quale i quattro rischiano il processo.

Le parole di Silvia (nome di fantasia, ndr) sono pronunciate nella seconda deposizione fatta dalla ragazza italo-norvegese, il 17 febbraio 2020, quando il procuratore capo di Tempio Pausania Gregorio Capasso e la sostituta Laura Bassani sentono nuovamente la giovane per chiarire alcuni punti della storia, già raccontata ai carabinieri della compagnia Duomo di Milano nove giorni dopo l’accaduto.

LA MANCATA FUGA – “Diciamo che non ce l’hai fatta”, interviene dopo le parole di Silvia il procuratore di Tempio Pausania Gregorio Capasso. Quest’ultimo prova a insistere quindi sui punti più facilmente attaccabili dai quattro ragazzi e dalla loro difesa: perché non ha reagito, gridato o scappato via dal quel posto? Soprattutto, perché non è fuggita dopo aver subito la prima violenza, quella di Corsiglia, restando lì e venendo violentata per una seconda volta dagli altri tre?

Silvia spiega ai magistrati che in quel momento “mi sentivo quasi come arresa.. quando camminavo non sentivo i piedi per terra”. Inoltre ricorda come in quella villa c’era anche la sua amica Roberta: “Prendi e te ne vai.. sì, ok. però io avevo sotto la mia responsabilità Roberta, perché era mia ospite in Sardegna, no?”.

L’ALCOL – Altro punto chiave dell’inchiesta riguarda l’assunzione di alcol da parte della 19enne, la bottiglia di vodka che Grillo & Co. La avrebbero costretta a bere. Silvia racconta ai magistrati: “Uno mi ha preso per i capelli e mi hanno messo la bottiglia in bocca”, ma la pm obietta: tu le mani dove ce le avevi? “Le mani ce l’ho giù. No… non ho reagito. Mi sono lasciata andare – continua Silvia – un po’ per paura un po’ perché non ci capivo più niente… non capivo veramente cosa mi stesse succedendo. Una serata così confusa non l’ho mai vista. Cioè, non lo so sinceramente. In quel momento mi volevo lasciar andare e…non so, mi sentivo morire… dentro… vuota completamente. In più, cioè ero come… lascia fare quello che vogliono…non ce la faccio più a reagire”.

LA VIOLENZA – Quanto ai due stupri, Silvia racconta nel verbale che Corsiglia sarebbe stato il primo ad approfittare di lei. “Mi ha spinto al letto e si è appoggiato su di me. Continuava a tenermi giù. In quel momento io mi ribellavo e cercavo di andarmene, sono riuscita a respingerlo e sono tornata di là con gli altri”. Violenza che poi si è riputato poco dopo: “Il ragazzo di prima si è ributtato su di me, era riuscito a trattenermi e mi tirava i capelli, mi aveva immobilizzata”.

La 19enne spiega quindi di non essere riuscita a urlare, “mi sentivo di morire, distrutta e congelata. A un certo punto vedevo nero”, racconta al procuratore capo Gregorio Capasso e alla sostituta Laura Bassani. Anche perché Silvia sentiva che gli altri tre ragazzi si trovavano dietro la porta della camera “e ridevano, ma non intervenivano”.

IL PROCESSO – Quanto al possibile processo, i difensori di tre dei quattro indagati hanno chiesto di essere sottoposti ad un nuovo interrogatorio, con i tempi dell’ipotetico rinvio a giudizio, o dell’archiviazione del caso, che sembrano allungarsi ancora.

A chieder di essere ascoltati un’altra volta dalla procura di Tempio Pausania sono Ciro Grillo, Edoardo Capitta e Vittorio Lauria, una richiesta avanzata nei giorni scorsi attraverso i legali Vaccaro, Enrico Grillo, Monteverde e Mameli.

Il termine per la richiesta di rinvio a giudizio, che sarebbe scaduto ieri, 24 maggio, venti giorni dopo la seconda chiusura delle indagini, slitta nuovamente. Gli interrogatori dei tre giovani non sono ancora stati fissati

 

 

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia