L'appello
“Accanimento su Pittelli ingiustificato, Cartabia intervenga”, i Radicali chiedono intervento del ministro
La Guardasigilli intervenga per il detenuto Giancarlo Pittelli. Lo chiedono Massimiliano Iervolino, Giulia Crivellini e Igor Boni, segretario, tesoriera e presidente di Radicali Italiani: «Chiediamo al ministro della Giustizia Marta Cartabia un intervento immediato per verificare le condizioni di salute e il rispetto dei diritti di Giancarlo Pittelli e per aprire una finestra in questa vicenda grottesca». I tre esponenti radicali esprimono «la gravissima preoccupazione per quel che sta accadendo, prima che la vicenda si trasformi in tragedia».
Ricordano che «Giancarlo Pittelli ha scritto una lettera al direttore de Il Riformista Sansonetti nella quale annuncia uno sciopero della fame “fino alle estreme conseguenze contro una ingiustizia mostruosa”». Sono parole, dicono i tre, «che segnano lo stato di disperazione e di prostrazione di un uomo che sta subendo un accanimento ingiustificato». Inoltre evidenziano anche come le accuse mosse a Pittelli «sono strettamente connesse con l’esercizio del suo mandato difensivo nei confronti di propri assistiti, connesse quindi con il suo lavoro di avvocato. Pittelli, dopo una custodia cautelare durissima, ha ottenuto gli arresti domiciliari che ora sono stati revocati in conseguenza di una lettera da lui scritta con richiesta di aiuto a Mara Carfagna; lettera che era dettata – appunto – dalla disperazione. Ora a Melfi, Pittelli è di nuovo dietro le sbarre. Lo Stato italiano, la giustizia italiana, stanno compiendo a nostro avviso qualcosa di estremamente grave al quale occorre porre rimedio».
Sul caso di Pittelli si è pronunciato dalla pagine di Repubblica anche il sociologo dei fenomeni politici Luigi Manconi, il quale, riprendendo anche i nostri articoli, pone all’attenzione del lettore due episodi. Il primo: una intercettazione dell’ordinanza di custodia cautelare che nell’essere riportata solo parzialmente induce ad una lettura colpevolista, diversa dalla realtà. Giovanni Giamborino, accusato di essere affiliato alla ‘ndrangheta, parla con la propria moglie. Quest’ultima dice: «Qui abita Pittelli?». Risposta di Giamborino: «Sì». E la donna: «Ma è mafioso…». Peccato che nell’ordinanza si ometta l’intonazione interrogativa e la risposta successiva: «No, avvocato». Il secondo: anche a causa dell’episodio precedente Pittelli scrive alla Ministra Carfagna denunciando, tra l’altro, la “manipolazione” di alcune trascrizioni di intercettazioni e partecipando la sua disperazione per la situazione che sta vivendo.
Sostiene allora Manconi: questi episodi non possono di certo inficiare l’apparato accusatorio, «ma la questione resta aperta in tutta la sua scandalosa enormità. Che così riassumo: può considerarsi coerente e ragionevole, argomentato e razionale, un impianto accusatorio che si giova di quella (e chissà di quante altre) manipolazione delle prove? Può considerarsi legittima ed equa un’azione penale che trasferisce un indagato dalla condizione degli arresti domiciliari a quella della reclusione in carcere per una violazione dovuta a una particolare crisi emotiva?».
© Riproduzione riservata