Nei giorni scorsi abbiamo paragonato il modo nel quale la giustizia italiana si sta comportando con l’avvocato Giancarlo Pittelli, alla giustizia egiziana che ha tenuto per due anni in prigione il giovane Patrick Zaki per reati di opinione. Anche a noi, per un momento, il nostro è sembrato un artificio retorico, forse un po’ esagerato, che serviva a segnalare la gravità di una evidente persecuzione. L’Anm ha protestato, diffondendo un comunicato nel quale polemizzava con le nostre critiche radicali.

Ieri però abbiamo saputo che l’avvocato Pittelli è stato trasferito nel carcere di massima sicurezza di Melfi. Accusato del devastante reato di avere scritto una lettera a Mara Carfagna nella quale parlava male di Gratteri. Il carcere di massima sicurezza, di norma, è riservato a chi ha commesso un certo numero di omicidi o di stragi. I capimafia, i terroristi più pericolosi.

Ecco, ieri il dubbio di avere forzato la polemica è svanito. Mi pare che nessuna persona in buona fede possa dubitare del fatto che è in corso una persecuzione giudiziaria, credo senza precedenti, nei confronti dell’avvocato Pittelli (ex senatore di Forza Italia). Sono convinto che se chiedessi, ad uno ad uno, ai componenti della giunta dell’Anm di dirmi sottovoce, con l’impegno mio alla riservatezza, cosa pensino di questo ulteriore arresto di Pittelli, tutti, uno ad uno, a partire dal presidente Santalucia, sussurrerebbero: è una odiosa persecuzione.

Io credo anche che sia una persecuzione realizzata al di fuori di ogni criterio di legalità. Il comportamento della Giustizia nei confronti di Pittelli, che oltretutto è una persona in pessime condizioni di salute, rasenta la tortura. Voi dite: sì, ma Pittelli ha sul groppone accuse pesantissime. No: le accuse specifiche sono tutte cadute, resta appesa al cielo come un caciocavallo la folle imputazione di concorso esterno in associazione mafiosa, reato introvabile nel nostro codice penale e nei codici penali di tutto il mondo, ancor più cervellotico se non accompagnato da nessun reato specifico. Pittelli è accusato di aver concorso dall’esterno (cioè senza farne parte) a una associazione che non commetteva reati. Provate a dire una cosa del genere a un giudice francese, o tedesco: vi prende per pazzi.

E il mondo politico come reagisce a questa aggressione? Beh, a parte Vittorio Sgarbi nascondendosi sotto il banco.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.