Il meridionalismo piagnone, disfattista e rivendicativo non esiste più: a Sorrento, la settimana scorsa, al Forum “Verso Sud”, è nata una nuova visione sul destino del Mezzogiorno, pragmatica e ottimista. Questo nuovo meridionalismo, proposto, dal Ministro per il Sud, Mara Carfagna, ha una impronta meneghina, fondata sul Libro Bianco redatto dal Think Tank Ambrosetti, un prestigioso studio di consulenza aziendale, con sede a Milano, che ogni anno, ai primi di settembre, organizza il celebre Forum di Cernobbio, sul Lago di Como, un incontro internazionale di discussione su temi economici tra capi di Stato, ministri, premi Nobel ed economisti.

L’idea centrale è stata espresso dallo stesso ministro con poche efficaci parole: “Il Sud Italia è una realtà molto più attiva di quel che si crede: se esistesse una Repubblica dell’Italia meridionale sarebbe probabilmente l’ottavo Paese manifatturiero d’Europa”. Il Sud ospita le tre più grandi fabbriche italiane per numero di addetti (Taranto, Melfi e Val di Sangro), le principali raffinerie, un intenso traffico portuale, promettenti insediamenti della farmaceutica, della componentistica, del tessile, del cemento, del fotovoltaico e dell’eolico. Secondo il ministro, la Guerra in Ucraina, più che una catastrofe umanitaria, è per il Sud una volano di opportunità, perché è nel meridione che la produzione di energia solare, eolica e geotermica può garantire il maggiore rendimento. Ed è nel Mezzogiorno che andranno collocati i nuovi rigassificatori per l’importazione di gas liquido dall’America e, infine, il Sud sarà terra promessa per attrarre i nuovi investimenti industriali europei per rispondere alla aggressiva concorrenza cinese e asiatica.

É ovvio che queste idee non sono frutto di fantasia, ma sono basate sul corposo Libro Bianco della Ambrosetti House, di ben 160 pagine, in cui si individua uno scenario di sviluppo per il Mezzogiorno basato sulla sua centralità nel “Mediterraneo Allargato”, un’area che corre da est a ovest, dall’Ucraina al Portogallo, giungendo a Sud fino alla Somalia e al Pakistan, comprendendo tutto il Nord Africa e il Medio Oriente, un’area che raggruppa 45 paesi ed equivale al 15,5% della popolazione globale e al 14,5% del PIL mondiale. In questo contesto geopolitico ed economico, il nostro Mezzogiorno per la sua posizione geografica privilegiata può svolgere la funzione di cerniera tra Europa e Africa, riscoprendo innanzitutto il ruolo centrale dell’Economia del Mare attraverso la valorizzazione dei suoi porti e delle infrastrutture di trasporto e di cantieristica, a partire dal ruolo fondamentale assegnato alle Zone Economiche Speciali (“realizzando rapidamente gli investimenti infrastrutturali previsti”).

Questa centralità deve essere sostenuta da quattro assi di sviluppo: i nuovi corridoi energetici della green transition basati sulle fonti rinnovabili, ampiamente disponibili al Sud; il potenziamento della competitività del settore turistico; la nuova industrializzazione puntando su settori specializzati, come la filiera bioeconomica e i settori high-tech e, infine, il vantaggio offerto dalla presenza di centri di eccellenza universitari in grado di caratterizzarsi come punti di riferimento per l’intera area mediterranea. Per realizzare questi obiettivi, il Libro Bianco propone un nuovo modello di governance che superi la frammentazione attuale dei centri decisionali. scaturita dalla confusa assegnazione delle competenze tra Governo e Regioni in base al Titolo V della Costituzione, rafforzando i poteri di coordinamento del Ministero per il Sud, che dovrebbe diventare una sorta di ministero della programmazione, scavalcando le autonomie locali.

Se il Libro Bianco della Ambrosetti House esprime, in qualche modo, gli orientamenti dei settori più illuminati e attivi del mondo imprenditoriale settentrionale siamo ad una svolta rispetto al disinteresse per il Mezzogiorno che dalla fine dell’intervento straordinario ha caratterizzato il quadro politico nazionale. Dal Mezzogiorno abolito come categoria politica siamo giunti al Mezzogiorno frontiera di grandi opportunità. Di fronte a questo attivismo, le classi dirigenti meridionali ancora una volta appaiono subalterne, deboli e confuse, storicamente incapaci di elaborare autonomamente una strategia di sviluppo (l’atteggiamento ostruzionistico di De Luca è emblematico). La coscienza del nuovo Mezzogiorno ora giunge addirittura dall’esterno, e come tale può guidare chi non conosce se stesso.

Eppure, questo Mezzogiorno descritto dal documento sembra un depliant illustrato per turisti in cerca di emozioni. Non si troverà mai la parola criminalità, e non si dice che quell’area del Mediterraneo Allargato è un’area di grande instabilità politica ed economica sull’orlo di una immane catastrofe umanitaria. Il Mezzogiorno è ora solo una bella vetrina. Ma chi scrive è solo un pessimista meridionale, lasciamo spazio al nuovo meridionalismo meneghino.