Negli anni Sessanta e seguenti, quando il sottoscritto ha lavorato all’ufficio studi della Cgil, quello che è avvenuto sabato difficilmente sarebbe potuto succedere. A parte il fatto che i ministri dell’Interno dell’epoca – tutti democristiani – non erano così scriteriati come Luciana Lamorgese, ogni volta che c’era a Roma una qualunque manifestazione la sede della Cgil era fortemente presidiata. Poi ogni giorno, domenica compresa, la sede era controllata da un servizio d’ordine di una quindicina di compagni. Il minimo che si può dire è che ognuno di quei compagni aveva una corporatura assai compatta. Ma quello era il meno. Ognuno di essi era munito – con tanto di porto d’armi – di una bella pistola d’ordinanza.

Siccome ero entrato in buoni rapporti con molti di loro, mi mostravano e illustravano le qualità del loro gioiello. C’era chi aveva una calibro 9, chi una 765, chi una pistola a tamburo. Poi all’ultimo piano c’era una bella fila di mattoni. In cantina c’era dell’altro, ma nessuno me lo ha mai voluto dire. Ecco se il corrispettivo dei camerati di Forza Nuova negli anni intorno al 1960 si fosse recato in visita alla Cgil con le stesse intenzioni di sabato, non avrebbe potuto salire molti gradini e sarebbe stato gentilmente risospinto all’indietro, molto all’indietro: Corso d’Italia offriva molte vie di fuga.