Era il 30 agosto scorso quando, in preda a un attacco di umiltà e di realismo, Luigi de Magistris prometteva un “piano dei dieci mesi” volto a migliorare la qualità dei servizi nel periodo che ci separa dalle prossime comunali. Va da sé che, a distanza di due mesi da quell’annuncio, di quel fantomatico programma non c’è traccia. Pazienza, siamo abituati: che cosa ci si potrebbe aspettare da un primo cittadino che punta a varare una flotta per salvare i migranti, coniare una moneta napoletana, sancire per referendum l’autonomia della città e lanciarsi nella produzione di lavatrici in sostituzione della Whirlpool? Il punto è un altro. La mancata approvazione del piano dei dieci mesi sarebbe comprensibile se de Magistris fosse in altre (e più importanti) faccende affaccendato. Invece no. È l’assessore Carmine Piscopo a chiarire la questione che ora toglie il sonno al sindaco: il nuovo simbolo di Dema, il movimento politico che fa capo proprio all’ex pm.

Sembra incredibile, eppure va esattamente così. In un’intervista a Repubblica Piscopo, che di Dema è anche segretario, annuncia che entro fine anno sarà proposto il nuovo logo del movimento. Non solo: quest’ultimo è al centro di «un progetto politico nazionale che farà da guida alle prossime amministrative» in cui gli esponenti di Dema saranno candidati tanto nelle piccole quanto nelle grandi città. D’altra parte si sa, de Magistris è un «leader nazionale». L’ha ribadito sabato mattina, proprio durante l’assemblea del movimento, quando ha ricordato di essere pronto a fare «il ministro o il presidente del Consiglio» e che, in ogni caso, nel 2023 sarà candidato «a livello nazionale».

Non vorremmo turbare i sogni di gloria del sindaco, per carità, ma temiamo che un secondo bagno di umiltà e di realismo dovrà pur farlo. Glielo impone il pessimo risultato elettorale di Marika Cassimatis, eletta nel 2019 coordinatrice di Dema con il compito di esportare la rivoluzione arancione a Genova: la fedelissima del sindaco di Napoli non è andata oltre lo 0,2% dei consensi alle recenti regionali in Liguria. Non siamo in grado di valutare il peso di Dema in Campania per il semplice fatto che, al netto degli annunci, il movimento non si è mai sottoposto al vaglio degli elettori. Paura di una “bastonata”? Disinteresse per le vicende locali da parte di una formazione che coltiva ambizioni più alte? Niente di tutto ciò, probabilmente. Più corretto parlare di semplice inconsistenza. D’altra parte, parafrasando Marcello Veneziani, de Magistris ha dimostrato di essere il nulla fatto sindaco.

Qui torniamo al piano dei dieci mesi. Che fine ha fatto? La strategia che avrebbe dovuto consentire all’amministrazione arancione di migliorare almeno la manutenzione del verde e i trasporti locali è archiviata? Oppure, rispetto a quel programma, hanno precedenza il nuovo simbolo di Dema e la candidatura di Alessandra Clemente a sindaco? Se così fosse, de Magistris cadrebbe nella stessa contraddizione alla luce della quale ha invocato il tso per il governatore Vincenzo De Luca: fare campagna elettorale anziché affrontare l’emergenza Covid. Se la priorità spetta al piano dei dieci mesi, invece, ricordiamo al primo cittadino che di mesi ne sono già infruttuosamente trascorsi due: il tempo stringe e, con l’andare dei giorni, sarà sempre più difficile salvare Napoli dal baratro in cui è sprofondata.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.