«In questo Paese, purtroppo, sui temi del carcere, della magistratura di sorveglianza, della devianza in genere, si fa sempre molta spettacolarizzazione e poca informazione», afferma Antonietta Fiorillo, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna e coordinatrice del Coordinamento nazionale magistrati di sorveglianza (Conams). I magistrati di sorveglianza, dopo giorni di polemiche violentissime, hanno diramato ieri un comunicato per respingere «la campagna di delegittimazione», in alcuni casi spintasi fino al “dileggio”, suscitata dalle scarcerazioni per motivi di salute di alcuni condannati sottoposti al regime del 41 bis. Un attacco “ingiustificato” che rischia di ledere «l’autonomia e l’indipendenza della giurisdizione» e la “serenità” che quotidianamente deve assisterli nelle “difficili decisioni” in un momento così drammatico per l’emergenza sanitaria che ha colpito il mondo penitenziario.

«Le norme applicate, quindi la sospensione della pena per chi si trovi in stato di grave infermità fisica, si rinvengono nel codice penale ben prima dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana», sottolineano i magistrati di sorveglianza, ricordando a tutti che continueranno a svolgere il proprio dovere senza pressioni o condizionamenti esterni. Presidente, vi sentite sotto tiro?
Io alle polemiche sono abituata da tempo. Non è la prima e non sarà l’ultima volta. Dopo tanti anni che svolgo questa funzione (prima di Bologna, la dottoressa Fiorillo è stata presidente del Tribunale di sorveglianza di Firenze, ndr) sono ormai “corazzata”.

Non ho dubbi, però questa volta mi sembra che “l’assedio” venga da più fronti: commentatori, editorialisti, politici, Tv, anche qualche suo collega pm…
Guardi, mi sono laureata con una tesi sui limiti dell’articolo 21 della Costituzione nelle sentenze della Corte costituzionale. Sono da sempre per la massima libertà di espressione da parte tutti. Nei limiti, ovviamente, della continenza.

Va bene, ma non crede comunque che si stia esagerando?
Il discorso è molto complesso. Nessuno ha mai avuto l’interesse di dire al cittadino quali sono i compiti e le funzioni della magistratura di sorveglianza.

Forse perché è una magistratura molto specializzata (sono circa centocinquanta i magistrati di sorveglianza) e quindi poco conosciuta al grande pubblico?
Non solo. Il dibattito sulla nostra funzione è sempre stato polarizzato: o la si ama o la si odia. E questo non va bene. In entrambi i casi, naturalmente.

Si può affermare che sul vostro ruolo esiste condizionamento ideologico?
Può darsi. Ma ciò non toglie il fatto che le nostre decisioni vengono sempre prese in “scienza e coscienza”, senza pregiudizio alcuno.

Nel comunicato avete ricordato che il vostro riferimento è la Costituzione.
Esatto. Ad iniziare dalla tutela del diritto alla salute della collettività. Abbiamo questa visione che tanti non hanno.

Alcuni commentatori, a proposito dei rischi di contagio da Covid-19, dicono che il carcere è oggi il luogo più sicuro che ci sia.
Non è vero. È un errore. Nel carcere non esiste un dentro o un fuori ma c’è un dentro che è collegato al fuori. Mi spiego: anche se i detenuti non escono, gli agenti della polizia penitenziaria, i medici, gli operatori, entrano ed escono. Il carcere non è impermeabile dall’esterno. E noi dobbiamo considerare proprio questo aspetto.

Non vuole, allora, replicare a qualche suo collega che ha attaccato la magistratura di sorveglianza in questi giorni? C’è chi ha addirittura parlato di un cedimento alla mafia.
Ripeto, noi magistrati di sorveglianza cerchiamo di garantire una risposta di giustizia. E comunque i provvedimenti, che sono pubblici, si impugnano, non si “aggrediscono”. Inviterei tutti a leggerli prima di criticarli.

Forse, e torniamo alla domanda iniziale, c’è stato un deficit di comunicazione?
Gli organi d’informazione su questo punto hanno una grande responsabilità. Un’informazione corretta deve far capire cosa effettivamente sta succedendo. Se l’informazione rinuncia a questo importantissimo ruolo è finita.