La premier "pagherà salari bassi e produzione in calo"
Appello Nardella: “Senza veti si vince, a Schlein chiedo un Pd più aperto. Meloni? A casa con recessione”
Buon successo elettorale al primo turno delle amministrative, cresce il “partito dei sindaci” dem: “Su sicurezza e immigrazione un centrosinistra pragmatico può sconfiggere il centrodestra”

L’ex sindaco di Firenze e oggi eurodeputato dem Dario Nardella è uno dei punti di riferimento degli amministratori del Pd. Quell’ala riformista, perché pragmatica, non ideologica, che nel Partito Democratico rappresenta l’unica fonte di consenso crescente.
Nardella, ma allora si può fare, uniti si vince, come dimostra Genova?
«Certo che si può fare, soprattutto se l’unità si basa su candidature credibili e competenti, come Salis e Barattoni, su un programma concreto ed efficace e su un linguaggio chiaro e costruttivo. La gente non sopporta più la politica urlata e aggressiva che spara slogan a ripetizione».
Tuttavia ogni tanto spunta un veto. Soprattutto verso i riformisti di Italia Viva o Azione. Serve una linea unitaria condivisa, da dove partire?
«Dobbiamo partire dalle idee e dai programmi. Come abbiamo fatto ad esempio sul tema della sanità pubblica. Quando si parte dai contenuti i pregiudizi sulle persone si smussano. Ma al di là dell’alleanza con i riformisti io che credo che anche il PD abbia tutte le carte per parlare al ceto produttivo del paese mettendo in campo la sua storia e la sua classe dirigente dei territori. Con la leadership di Schlein unita ad un partito plurale che parla a mondi diversi e trasversali possiamo superare alle politiche anche il risultato già ottimo del 24% delle europee. E poi c’è il tema dell’astensione. Ormai un italiano su due non vota. Dobbiamo parlare un linguaggio nuovo per riportare a votare queste persone».
Il Pd vince spesso nel voto amministrativo, non va altrettanto bene con le elezioni politiche nazionali. Un problema di leadership?
«Non è una questione di oggi, è un dato ricorrente, ormai da molti anni e non solo in Italia, basta vedere paesi come Germania e Francia dove la sinistra governa nella maggioranza delle città ma va male a livello nazionale perché le destre vincono nelle aree interne. Dobbiamo rimettere al centro un’idea di crescita economica e sociale che unisca aree urbane e ruralità. E dobbiamo utilizzare le energie e le esperienze che abbiamo maturato nei territori con gli amministratori locali per costruire una classe dirigente nazionale».
Ma il partito dei sindaci esiste, tornerà a farsi largo?
«Come ho detto ci vuole un partito “con” i sindaci e non un partito “dei” sindaci. Il PD può mettere in campo persone che conoscono i territori perché li hanno governati e che possono arricchire le proposte nazionali con temi nuovi anche se complessi che possono portare consenso. Penso ad esempio ai temi molto sentiti della sicurezza e dell’immigrazione: chi fa e chi ha fatto il sindaco dimostra di conoscere questi problemi avendoli affrontati a viso aperto. Con loro si possono mettere in campo idee vincenti su un terreno che è stato sempre dominato dalla destra con slogan vuoti. Su sicurezza e immigrazione un centrosinistra pragmatico può vincere contro un centrodestra inconcludente, senza compromettere i valori della legalità e della solidarietà».
Si può tornare a parlare di congresso, nel Pd? Può essere utile in vista del voto: mancano venti mesi, il tempo giusto per riorganizzarsi.
«Capisco l’esigenza della segretaria Schlein di consolidare l’impianto politico organizzativo e programmatico del partito. Credo che questo obiettivo si possa raggiungere – oltre che con un congresso – anche con passaggio programmatico e un rafforzamento del gruppo dirigente radicato e credibile che sia pronto a sfidare Meloni e il suo governo. Questa destra a partire dall’economia a sta spingendo l’Italia verso una nuova recessione. Basta pensare ai 25 mesi consecutivi di calo della produzione industriale e ai livelli salariali che sono i più bassi tra i grandi paesi europei. Perché è sull’economia, alla fine, che batteremo i nostri avversari».
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