Immuni o geneticamente protetti che non si sono mai ammalati
Ariano Irpino, immuni un anno dopo la zona rossa o protetti dal super-Dna

Era il 27 aprile 2020 quando il Comune di Ariano Irpino fu chiuso per Covid. La zona rossa non fu cosa facile per tutta la cittadinanza che però superò quel momento difficile con pazienza e perseveranza come solo gli irpini sanno fare. E oltre un anno dopo arriva una buona notizia che diventa anche un caso di studio: i guariti dal Covid di Ariano Irpino, asintomatici, sintomatici o ospedalizzati risultano ancora immuni dal virus con alti titoli di anticorpi protettivi circolanti. Praticamente sono più immuni di chi si è vaccinato all’inizio della campagna.
Lo studio è stato effettuato grazie ai tamponi a tappeto fatti a tutta la popolazione durante la zona rossa, come riportato dal Mattino. L’Istituto Zooprofilattico, il Cotugno e il Ceinge monitorarono la situazione. Dopo oltre un anno hanno rifatto i test e 750 arianesi risultano che la protezione resta ed è superiore a quella sviluppata con le vaccinazioni con la prima e la seconda dose.
Poi sono stati fatti prelievi di sangue per identificare gli anticorpi nelle categorie più esposte come forze dell’ordine, supermercati, farmacie, ospedali. Uno screening a tappeto su 13.444 residenti, quasi l’intera popolazione residente nell’area. Test per valutare gli anticorpi di fase acuta, poi monitorati a distanza di un anno con quelli di guarigione, e la suscettibilità genetica all’infezione.
Il risultato di questi studi è sorprendente: 751 persone positive agli anticorpi e 250 altre protette geneticamente che non si sono mai ammalate. Ora bisognerà capire questa immunità quanto durerà ma per questo bisognerà aspettare ancora dei mesi.
“Bisogna considerare – avverte Luigi Atripaldi, primario di Microbiologia del Monaldi-Cotugno, intervistato dal Mattino – che gli anticorpi non sono l’unico metro con cui misurare l’immunità soprattutto nei guariti. Fondamentale è anche l’immunità cellulare, ossia quella che interviene con elementi killer che uccidono direttamente il virus e le cellule in cui si annida. Al pari dell’immunità basata su anticorpi anche questo secondo esercito sviluppa una memoria di cui non abbiamo traccia nei normali dosaggi di anticorpi fatti di routine”.
“Esistono particolari metodiche, oggi raffinate con kit di ultima generazione che, sempre sulla base di un prelievo di sangue – spiega Corrado Perriconi, ematologo – consentono di misurare anche questa seconda immunità, tipizzando i vari tipi di cellule che compongono l’esercito che ci difende da virus e altri microbi conferendoci immunità”.
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