Il procuratore di Perugia Raffaele Cantone è tornato nuovamente sugli sms (short message service, “messaggini” da 160 caratteri, senza bisogno di traffico dati per essere trasmessi, ndr) contenuti nel telefono dell’ex zar delle nomine Luca Palamara. Il Fatto Quotidiano, riassumendo ieri quanto scritto dal Riformista nei giorni scorsi, ha riportato alcune dichiarazioni di Cantone secondo cui sarebbe una «fake news smentita dall’inoppugnabile circostanza che gli sms non solo erano stati acquisiti, ma erano stati regolarmente depositati agli atti del processo in corso». Al Fatto risulterebbe, poi, che gli sms erano stati depositati anche al Csm. Sul punto urge fare chiarezza. E tornare su quanto raccontato dal Riformista nelle scorse settimane a proposito di questi sms.

La Procura di Perugia, come si può leggere dagli atti, aveva depositato una “copia forense” di quanto estratto dal cellulare di Palamara, senza provvedere all’inserimento di tale materiale al Tiap (trattamento informatizzato atti processuali), l’applicativo utilizzato per la gestione informatizzata dei documenti dei fascicoli penali (dibattimento, ufficio gip, riesame, misure di prevenzione). Questo applicativo, un archivio informatizzato, consente l’inserimento e la fruizione (visione ed estrazione di copia) degli atti in formato pdf del processo penale. A seconda delle fasi processuali, colui che implementa l’applicativo è il pm, il gip-gup, il giudice del dibattimento. Nella fase delle indagini preliminari è il pm che deve inserire tutti gli atti di indagine compiuti. Con la notifica della chiusura delle indagini, il pm deve mettere a disposizione dell’indagato e dei difensori tutti – nessuno escluso – gli atti di indagine.

Con la richiesta di rinvio a giudizio la possibilità e l’onere dell’inserimento degli atti passa al gup il quale, nel contempo, fruisce degli atti inseriti dal pm nella fase delle indagini. Pertanto se il pm non ha inserito alcuni atti il gup non può fruirne, e così gli indagati ed i loro difensori. Con il decreto che dispone il giudizio l’inserimento degli atti passa al giudice del dibattimento il quale, a sua volta, fruisce degli atti inseriti dal pm e dal gup. Questa premessa, già fatta in passato dal Riformista, è necessaria per l’esatta valutazione di quanto accaduto riguardo le trascrizioni degli sms. Il 20 aprile dello scorso anno, in particolare, venne notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari a Palamara. Il giorno dopo i pm di Perugia contattarono la difesa di Palamara per prendere accordi in merito alla estrazione delle copie dell’intero procedimento.

I magistrati fecero presente che, oltre agli atti visibili al Tiap, vi erano una serie di hard disk ove era riversata, tra le altre, la copia delle chat e degli sms duplicati dal telefono di Palamara. I difensori dell’ex presidente dell’Anm chiesero che fosse riversato in un apposito hard disk sia il contenuto del Tiap, ovvero tutti gli atti di indagine in formato pdf, sia copia di quanto estratto (chat, sms e non solo) dal telefono sequestrato a Palamara il 30 maggio 2019. Le copie, con tali modalità, vennero, quindi, consegnate agli avvocati del magistrato. Gli sms alla conclusione delle indagini preliminari, al pari dei contenuti di molte chat, non sono, però, stati analizzati ovvero lo sono stati solo in parte in ragione degli interessi investigativi.

Quando i pm di Perugia inviarono alla Procura generale e al Csm, il 22 aprile 2020, tutto il materiale, precisarono che non erano stati in grado, considerata la mole, di poter fare una cernita delle chat rilevanti a fini disciplinari rispetto a quelle non rilevanti. È giusto, senza che nessuno si senta offeso, domandarsi allora per quale motivo siano stati sviluppati “ad hoc” solo dei temi investigativi e, a tale scopo, elaborate e valorizzate solo alcune parti delle chat e mai, questo è corretto dirlo, gli sms scambiati da Palamara con alcuni importanti magistrati. La risposta potrà fornirla,  siamo certi, Cantone.