Il numero di detenuti che decide di togliersi la vita in carcere aumenta giorno dopo giorno. Questa volta quasi in contemporanea arriva la notizia di altri due suicidi in cella, uno nel carcere fiorentino di Sollicciano, l’altro a Foggia. Due carceri, due regioni, distanti chilometri l’uno dall’altro, ma che sono uniti dallo stesso dramma. Una ecatombe senza fine che sta scritta nei numeri: al 21 novembre sono 80 il numero dei detenuti che si sono tolti la vita in carcere.

A Sollicciano il dramma è avvenuto nella notte. Un detenuto di origini marocchine di 42 anni ha stretto al collo il suo lenzuolo e si è lasciato cadere. A darne notizia il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, per voce del segretario regionale della Toscana Francesco Oliviero. ”L’uomo non era nuovo ad atti dimostrativi – ha spiegato Oliviero – L’ultimo proprio qualche giorno fa nel reparto Accoglienza. Questa volta ha deciso di bloccare dall’interno la serratura della cella e proprio questo stratagemma non ha permesso l’intervento dell’Agente addetto alla sezione, che non ha potuto evitare che il ristretto riuscisse a togliersi la vita”. Il segretario ha raccontato che l’uomo avrebbe optato per il gesto estremo dopo aver chiesto il trasferimento in un altro istituto toscano. “Già noto alle cronache interne per aver gravato sulla sicurezza del penitenziario in tempi passati per cui fu trasferito, resta il dato certo che a distanza di pochi mesi, Sollicciano pare essere avvolta nella spirale dell’emulazione”, continua Oliviero.

L’altra tragedia poche ore dopo nel carcere di Foggia. Un nigeriano di 40 anni si è tolto la vita allo stesso modo, legandosi al collo il suo lenzuolo nella cella. Lo rende noto Federico Pilagatti segretario nazionale del Sappe, il sindacato della polizia penitenziaria, e ricorda che quello foggiano è “il penitenziario con maggior suicidi – cinque – della nazione dall’inizio dell’anno“. Secondo quanto riportato, l’agente in servizio nel reparto ha cercato di salvare il detenuto intervenendo, ma il nodo al collo fatto con le lenzuola che aveva appeso alle grate del bagno, non ha gli lasciato scampo, riferisce ancora Pilagatti. Il detenuto suicida questa mattina avrebbe dovuto essere accompagnato in tribunale per l’udienza di convalida dell’arresto, “e forse avrebbe potuto ottenere anche la libertà”, osserva il sindacalista del Sappe, che “da tempo denuncia la necessità di chiudere la sezione maledetta, poichè offende i diritti minimi di dignità delle persone che vengono rinchiusi in stanze fatiscenti, molte delle quali con il bagno a vista e senza alcuna privacy“. Il Sappe ricorda che il carcere di Foggia ha tra le più basse percentuali di agenti/detenuti 0,46 a fronte di una media nazionale di 0,66.

”La morte di un detenuto è sempre una sconfitta per lo Stato – commenta amareggiato Donato Capece, segretario generale del Sappe – la via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Anche la consistente presenza di detenuti con problemi psichiatrici è causa da tempo di gravi criticità per quanto attiene l’ordine e la sicurezza delle carceri del Paese. Il personale di Polizia Penitenziaria è stremato dai logoranti ritmi di lavoro a causa delle violente e continue aggressioni”.

E Capece richiama un pronunciamento del Comitato nazionale per la Bioetica che sui suicidi in carcere aveva sottolineato come “il suicidio costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Proprio il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri. Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l’Italia è certamente all’avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici. Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti e sconforta che le autorità politiche, penitenziarie ministeriali e regionali, pur in presenza di inquietanti eventi critici, non assumano adeguati ed urgenti provvedimenti”. Impietosa la denuncia del leader del Sappe, che si appella al Ministro Guardasigilli Carlo Nordio: ”Fino ad ora i vertici del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria non sono stati in grado di trovare soluzioni alla gravissima situazione delle carceri italiane. Chiedo quindi al Ministro della Giustizia Carlo Nordio un netto cambio di passo sulle politiche penitenziarie del Paese”.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.