L'allarme
Allarme psicofarmaci per il 40% dei detenuti: ci sono anche i minori
«Parli dei detenuti ma non sai chi sono loro, dici non gli interessa né studio né lavoro, vogliono i soldi facili per arricchirsi subito ma questa realtà tu la conosci? ne dubito.». È la prima strofa della canzone rap che il rapper Kento ha scritto insieme ai ragazzi dell’istituto penale minorile di Catanzaro. Racchiude il peso del pregiudizio che cade sulle vite dei ragazzi reclusi negli istituti minorile e la voglia di riscatto che anima i loro percorsi di recupero. Il 20 novembre sarà celebrata la Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Il garante nazionale Carla Garlatti ha presentato al nuovo governo un elenco di priorità in tema di diritti e tutela dei minori: povertà infantile, dispersione scolastica, salute mentale, ambiente digitale e partecipazione. Sono temi di cui si parla da tempo ma rispetto ai quali ancora non si è riusciti a trovare una soluzione efficace e adeguata. E qui entra la provocazione del direttore del carcere minorile di Nisida, Gianluca Guida. «Da tempo si analizza il fenomeno del disagio e della devianza giovanile, se ne parla ma nella concretezza della quotidianità dei nostri impegni poi non si fa e non si crea una cultura diversa di attenzione ai giovani. Negli anni si è provato a dare risposte al disagio e alla devianza immaginando la diade scuola-lavoro, trattamento-sicurezza, riparazione-mediazione. A me sembrerebbe che oggi la risposta la potremmo trovare adottando la diade Rivotril-Lyrica», afferma Guida nel corso del suo intervento all’evento “Riscoprire il futuro. Diritti, responsabilità e percorsi nel sistema penale minorile” organizzato dall’Autorità garante per l’infanzia.
«So – aggiunge – che molti di voi si staranno chiedendo: “Ma come? Parli di due psicofarmaci? Rendiamo patologica la devianza?» e unisce alla provocazione la denuncia di un allarme che non va trascurato. «Oltre il 10% degli adolescenti fa uso senza prescrizione di farmaci psichiatrici. Oltre il 40% delle persone detenute, inclusi i minori, fa uso di psicofarmaci». «Molti potrebbero dire che è la condizione della detenzione. Forse, può essere. Ma se fosse un processo inverso? Se il microcosmo della detenzione sta facendo emergere una tematica rispetto alla quale socialmente stiamo dando poca attenzione?». Guida cita una parte del testo della canzone di Lucio Dalla, “Anna e Marco”, per descrivere la noia, la ricerca dell’altrove di stelle e lupi di periferia, lo smarrimento dei giovanissimi, il disagio. Ascoltando le storie raccontate dai ragazzi, si scopre che l’utilizzo dello psicofarmaco è un’esperienza che moltissimi hanno fatto già in età infantile. «È una prassi estremamente diffusa ma è un tema che non ci deve allarmare come fenomeno in quanto tale, piuttosto ci deve allarmare il bisogno che è sotteso dietro a questa prassi», dice Guida.
«Abbiamo sempre più ragazzi che cercano di sedare le loro emozioni, di nascondersi rispetto alle loro responsabilità e trovano formule diverse per dare soddisfazione a questi bisogni – aggiunge il direttore di Nisida che da oltre vent’anni lavora con e per i ragazzi a rischio -. Molto spesso l’esasperazione di queste formule porta ad adottare atteggiamenti devianti che ricadono anche in comportamenti criminali». Dunque, secondo il direttore del carcere minorile napoletano «se non prendiamo coscienza che l’esperienza di devianza di questi ragazzi nasce da un bisogno primordiale, che è quello di essere ascoltati soprattutto nelle loro paure, nelle loro difficoltà e anche talvolta nella loro inidoneità ad affrontare le sfide che gli sono state poste davanti, non riusciremo a risolvere alla radice le condizioni che hanno generato la devianza, e quindi non riusciremo a dare alla società una risposta. Quel bisogno di sicurezza che la società si aspetta dalla pena e dal carcere non potrà sicuramente essere assecondato se non riusciremo a dare risposta a questi bisogni primordiali». Come fare? Il primo passo è l’ascolto. «Il primo strumento è quello di mettersi all’ascolto dei ragazzi – spiega Guida –, dar loro la possibilità di avere una relazione che possa essere costruttiva e di fiducia. Poi dovremo aiutarli a riconoscere negli altri la possibilità di costruire relazioni che nutrano e il valore di quelle relazioni che consentono a ciascuno di noi di potenziare le proprie capacità e riconoscere la propria forza interiore».
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