La Riforma Cartabia è sotto accusa. In questi giorni i media si occupano di giustizia perché c’è il rischio della probabile revoca di misure cautelari per reati procedibili a querela. Oggi si parla di carcere perché qualche boss potrebbe uscirne o non entrarci, ma, a meno di suicidi, pestaggi, rivolte, morti… l’occhio distratto dell’informazione – con le necessarie eccezioni – guarda altrove.
Giustizia, carcere, ma anche aule di tribunali, questure, uffici, dipartimenti di salute mentale, servizi sociali. Luoghi dove chi ti dovrebbe proteggere ti colpisce, dove una vittima diventa colpevole, dove l’Autorità fa ingiustizia. Parliamo di violenza istituzionale, parliamo di Stato nemico e ne parliamo noi, assistenti sociali, non per puntare il dito contro gli altri, ma perché in tanti, dai giudici, agli avvocati, dalle forze dell’ordine agli impiegati, ai medici, ai professionisti, dobbiamo capire e cambiare. Perché dobbiamo riflettere e discutere per non commettere, mai, mai, nessun errore sulla pelle dei più vulnerabili.

Lo facciamo con la nostra quarta conferenza nazionale – dopo “Povertà ed esclusione”, “Lavoro e dignità”, “Periferie umane e materiali” – il prossimo 20 gennaio a Firenze dove insieme a specialisti e politici cercheremo di dare le risposte a quegli “esperti per esperienza” che ci hanno suggerito priorità e proposte contro la “Violenza istituzionale”. Abbiamo scelto Firenze perché quando parliamo di Stato nemico, non vogliamo dimenticare che proprio nel territorio toscano era presente la comunità del Forteto dove molte persone affidate per ragioni di cura e sostegno, sono state maltrattate e abusate per decenni. Le inchieste hanno fatto emergere non soltanto fatti delittuosi, ma anche i comportamenti negligenti di chi doveva vigilare; un clima di paura e timore che per persone che avevano subito nella vita vicende familiari difficili e che il Forteto aveva aggravato. È questa una vicenda che ha doverosamente creato interrogativi anche sul funzionamento di alcuni uffici giudiziari, sul comportamento di magistrati, sugli organi della pubblica amministrazione competenti in materia di tutela dei soggetti più deboli, sull’organizzazione dei servizi territoriali di assistenza ai minori, sui sistemi di decisione e controllo.

Ma Firenze chiama Italia con le carceri sovraffollate (107,7% il dato ufficiale); con il record di suicidi in cella (84 nel 2022, dati Antigone), la metà delle persone che si sono tolte la vita era in attesa di giudizio; con la violenza, fino alla morte di detenuti; con la trasformazione delle vittime in colpevoli nelle aule dei tribunali attraverso magistrati, avvocati, consulenti tecnici; con i sette mesi per avere un permesso di soggiorno e i sei anni di media per la conclusione di un processo… Come assistenti sociali non abbiamo voce su molte delle violenze elencate, ma siamo nei luoghi dove queste si commettono ogni giorno, spesso senza che nessuno se ne accorga o ne parli. Conosciamo bambine e bambini, adolescenti, donne, migranti, persone private della libertà o con problemi di dipendenza. Per questo, dopo averne parlato con chi queste ferite le vede sulla propria pelle, chiediamo riunioni all’interno di carceri, ospedali, comunità, per migliorare la condizione di persone con problemi di tossicodipendenza; un programmazione nazionale di interventi nel rispetto delle leggi 833 e 180, delle indicazioni dell’Oms, della convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità e fragilità; l’attuazione, a livello nazionale e con il sostegno della politica, di un piano di sensibilizzazione e informazione sulla violenza istituzionale.

Noi tutti dobbiamo essere richiamati a chiare responsabilità quando non interveniamo dove dovremmo, quando non coinvolgiamo le persone nelle decisioni, quando avalliamo una politica pubblica che non promuove e non è orientata ai diritti. Respingendo strumentalizzazioni, giudizi sommari, criminalizzazione della professione per biechi interessi politici – non dimentichiamo Bibbiano – condanniamo chi sbaglia e lavoriamo per comprendere gli errori commessi e non farne mai più. Prima delle riforme del Pnrr, prima degli interventi della Corte Europea dei Diritti umani, ci sono ministri, parlamentari, magistrati, avvocati, forze dell’ordine, assistenti sociali, professionisti vari che possono e devono fare la differenza. Tutti, nessuno escluso. Perché lo Stato – in ogni sua forma – non sia un nemico.

*Vicepresidente Consiglio Nazionale Ordine Assistenti sociali