Nessuno oserebbe mai dargli dell’impresentabile, o attaccare la sua persona. Carlo Nordio, ex magistrato senza macchia, senza sgomitamenti per carriera e senza chat con Palamara, appare veramente come uno che sta qualche spanna sopra gli altri, in questa campagna elettorale in cui il tema-giustizia pare scomparso dagli schermi e dai programmi. Lui non si sottrae alle interviste, con un punto di vista chiaro, deciso, coraggioso. Riesce persino a toccare il tabù più innominabile, quello del ripristino totale dell’immunità parlamentare.

Sono in tanti a pensarla come lui, non solo deputati e senatori. Sarebbe una riforma sacrosanta, e non è questione di privilegio ma di giustizia, come ben sapevano Calamandrei come Togliatti. Nessun esponente politico osa quindi contraddire l’ex procuratore veneto, al massimo si sussurra che il tema “non è un’urgenza”. Ci pensa il solito Travaglio, i cui insulti ormai non fanno più neppure il solletico, a spiegare che quel provvedimento è il sogno di “tutti i farabutti con il colletto bianco”. E anche Eugenio Albamonte, ex presidente della Anm e ora pm a Roma e segretario di Area, la coalizione di sinistra dei magistrati. Il vero obiettivo sarebbe secondo lui quello di “normalizzare la giustizia e renderla inoffensiva nei confronti della classe politica”. Sarebbe la realizzazione del progetto berlusconiano per riportare il Paese “alla fase pre-tangentopoli”.

Ma, a parte queste due sgrammaticature, sul programma di Carlo Nordio sulla giustizia nessuno osa pronunciarsi. E allora proviamo a immaginare quali sarebbero le sue riforme, se davvero dovesse diventare il ministro guardasigilli. Il suo primo punto fermo è la necessità di sbrogliare quella matassa che, a cavallo tra il civile e il penale, avvelena la nostra economia e ci costa circa il due per cento del prodotto interno lordo. È quella malattia che tiene lontane le aziende, italiane e straniere, dagli investimenti. Difficile non essere d’accordo sulla diagnosi, ma la terapia? L’abolizione dell’abuso d’ufficio, il reato che uccide soprattutto gli amministratori locali e li rende supini in posizione difensiva. Una riforma robusta su questo tema, insieme a un bel falò di leggi obsolete e farraginose, come quello che fece Calderoli un bel po’ di anni fa, potrebbe trovare il consenso, per quanto timido, persino dei tremebondi del Pd, che non portarono neanche a termine la riforma dell’ordinamento penitenziario firmata dal ministro Orlando. Se questi sono i primi passi, e sarebbero i benvenuti, il nucleo centrale del programma di Carlo Nordio è la riforma costituzionale del processo penale.

Riportare il processo al 1989, a un pieno sistema accusatorio, sfrondandolo di tutti gli interventi inquinatori della Corte costituzionale. In questo l’ex pm Nordio è pienamente “americano”. Discrezionalità dell’azione penale, dunque, separazione delle carriere tra giudici e avvocati dell’accusa, distinzione tra giudici del fatto (giuria popolare) e quello del diritto, nomina governativa dei giudici ed elezione dei pubblici ministeri. È soprattutto su questi ultimi che Nordio pone l’attenzione, non solo per ridefinire il loro rapporto con la polizia giudiziaria. Ma anche per proporre che la figura venga ridimensionata, visto che l’Italia (lo abbiamo scritto tante volte) è l’unico Paese del mondo occidentale in cui l’organo dell’accusa è così potente e così privo di responsabilità.

C’è un altro piccolo “scandalo” nelle proposte di Carlo Nordio, ed è quello della necessità di “diminuire le pene”. Lo dice esplicitamente anche in un’intervista a Libero di due giorni fa. Un punto che potrebbe essere un piccolo inciampo, visto che Giorgia Meloni è sempre stata favorevole all’inasprimento delle pene. Ma forse Nordio le avrà spiegato che la prospettiva di condanne più alte non ha mai fatto diminuire i reati. Neanche la pena capitale. Depenalizzare quindi, e anche applicare le misure alternative, come quella per esempio di far ripulire i muri agli imbrattatori. Una prassi molto usata per esempio negli Stati Uniti, una pena cui furono condannati anni fa anche Emma Bonino e Marco Taradash, che avevano distribuito volantini nel métro di New York. E strutture assistenziali, propone ancora l’ex magistrato, per i consumatori di sostanze psicotrope. Basterebbe sottrarli al carcere, in effetti, per smaltire un bel po’ di affollamento. Non occorre essere antiproibizionisti, per capirlo. Sicuramente il dottor Nordio non lo è. Ma possiamo anche perdonarlo, a un grande giurista. E magari cercare di convincerlo a diventarlo.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.