Ciascuno ricorda Giovanni Falcone come vuole, per carità.  Lo si può fare, per esempio, secondo la scelta del Fatto Quotidiano: che ieri, sull’argomento, ha messo in pagina un articolo poco grammaticato di un suo noto collaboratore, il dottor Gian Carlo Caselli.  Il quale ha celebrato la memoria del magistrato ucciso lasciando intendere, in buona sostanza, che nei processi antimafia la Corte di cassazione ha fatto bene il suo lavoro quando ha accolto la tesi dell’accusa e invece mica tanto quando l’ha respinta, perché ha fondato la decisione sul rilievo di “minuscoli vizi di forma” o esercitandosi nell’”acrobazia giuridica”.  Con il corollario che la giurisprudenza onora il ricordo di Falcone se condivide le prospettazioni del pubblico ministero mentre lo sfregia se ritiene che siano infondate.

Va benissimo celebrare la perfezione della sentenza «che portò alla conferma della quasi totalità dell’impianto accusatorio e quindi delle pesanti condanne comminate nel “maxi”», come Gian Carlo Caselli chiama il famoso processo antimafia (per favore però il correttore di bozze non sia intimidito e la prossima volta spieghi all’articolista che si dice “irrogate”, non “comminate”): ma non va bene lasciare intendere che l’impostazione dell’accusa, altrimenti incensurabile, trova semmai ostacolo soltanto nelle acrobazie del giudice che ammazza le sentenze nobili col ricorso al bieco pretesto che manda assolto il criminale.

Perché è questo, dottor Caselli, il succo del suo articolo, che non a caso si prende due colonne per opporre alla specchiatezza di Giovanni Falcone l’indifendibilità di Corrado Carnevale, appunto il giudice cosiddetto “ammazzasentenze”: accusato, ma assolto dall’accusa, di aver lavorato in favore della mafia rilevando i “minuscoli vizi di forma” di cui lei scrive, e cioè i difetti che affliggevano sentenze buone per forza perché avevano il contrassegno dell’antimafia. Ripeto: ciascuno ricorda Falcone come gli pare.  Ricordarlo con il recupero delle vociferazioni sulla presunta mafiosità di un cittadino assolto non è, a nostro giudizio, il modo migliore.