Di minacce, di malasanità e di silenzi inquietanti. Qualche settimana fa avevamo fatto luce su un fatto grave, passato in sordina e per questo gravissimo. Un caso di malasanità sul quale né il governatore De Luca né il manager Ciro Verdoliva hanno ritenuto di dover intervenire. Ebbene, le società Epm, Gemaservice e Gesap dopo aver ricevuto l’incarico dall’Asl Napoli 1 a provvedere alla pulizia e alla sanificazione degli spazi degli ospedali che fanno capo all’azienda sanitaria regionale, hanno subito messo in atto un contratto di solidarietà.

Parliamo di più di 700 lavoratori che si sono visti ridurre orario di lavoro e stipendio. Il motivo? Per questo lavoro ci sono troppi dipendenti. La metà basta. Lo stupore è stato duplice: da un lato l’assegnazione dell’appalto alle tre società prevedeva che nulla sarebbe cambiato, dall’altro nel vedere come sindacati e lavoratori non abbiano proferito parola. Il documento, infatti, è stato siglato da ben 9 associazioni sindacali e nessun dipendente è sceso in piazza a protestare. Ora comprendiamo il perché. “Le aziende spaventano i lavoratori – afferma senza paura e senza mezzi termini Adolfo Vallini, del sindacato Usb – Non parliamo di minacce fisiche ma velate che mettono in una condizione di soggezione i lavoratori. Li intimidiscono: chi alza la voce, chi protesta, chi non è d’accordo, è fuori”. L’idea di perdere il lavoro costringe i dipendenti a tacere. Ed è inutile esordire con “perché non denunciano se ci sono minacce?”.

La risposta è: per lo stesso motivo che li ha spinti ad accettare questa condizione, potrebbero perdere il lavoro. Ma perché i sindacati, tra i quali c’è la sigla Usb, hanno accettato e firmato? “Per senso di responsabilità verso i lavoratori – risponde Vallini l’alternativa era il licenziamento. È stata una scelta obbligata”. “In questo appalto c’è un clima di rassegnazione e di inusuale apatia che ha contagiato la quasi totalità dei lavoratori – racconta Vallini – lavoratori intimoriti, vessati sul posto di lavoro e raggiunti da decine di contestazioni e ingiusti provvedimenti disciplinari, tutti tesi a spaventarli”. Il sindacato senza i lavoratori alle spalle può poco o niente e Vallini spiega il perché: “Ho organizzato una manifestazione sotto la sede della società Epm: c’erano dieci persone. Non è normale tutto questo”.

No, non è normale ed è gravissimo se davvero i lavoratori vivono sotto minaccia. Della serie bere o affogare. E non è normale il silenzio generale nel quale avviene tutto questo, con istituzioni che non dicono una parola. Il manager Verdoliva cosa dice di tutto questo? “Nulla – fa sapere Vallini gli ho scritto, ho lanciato l’allarme, gli ho chiesto di intervenire. Niente. Non ha mai risposto”. E chiaramente la situazione è stata segnalata anche a De Luca. “Abbiamo mandato una Pec anche al presidente della Regione – conferma Vallini – ma niente. Neanche lui ci ha risposto. Mi aspettavo che almeno verificassero tutte le anomalie che ci sono in questo appalto”. E gli interrogativi sono molti.

“La Epm poteva ricorrere al contratto di solidarietà difensivo? Secondo me no – afferma Vallinile tre società non sono assolutamente in crisi, la nostra impressione è quella che tale misura risponda esclusivamente alla volontà di aumentare i propri profitti, atteso che non è stata fatta alcuna cessazione, riduzione o trasformazione delle attività di pulizia e sanificazione. Le aziende stanno solo approfittando di un mutato quadro normativo nell’aggiudicazione dell’appalto con gara Consip che non pone alcuna misura di salvaguardia occupazionale nei confronti dei lavoratori storici dell’appalto agitando la minaccia del licenziamento collettivo – aggiunge – E poi Verdoliva perché non dice niente? È d’accordo con loro? Sa in che condizioni lavorano i dipendenti? Ha verificato quanto è diminuita la qualità dei servizi? Ci sono una serie di interrogativi ai quali vorrei che le istituzioni dessero una risposta”.

In che condizione lavorano gli addetti alle pulizie di Gemaservice, Epm e Gesap ce lo racconta uno di loro. Per ovvi motivi di privacy e tutela non riportiamo le generalità del lavoratore, né per quale delle tre società lavora. “Lavoriamo in un clima di stress, sempre sotto pressione, intimiditi dall’azienda – racconta il dipendente – ci vengono ripetute frasi come: non metterti contro l’azienda, non ti conviene. Accetta questo o non lavori più. Ti spostiamo in un altro reparto. Insomma un clima di tensione altissima – continua – per non parlare della fatica che facciamo visto che in un turno dove prima c’erano per esempio otto persone ora ce ne sono quattro. Non riusciamo a pulire tutto come si deve, riusciamo a fare una pulizia superficiale degli spazi ospedalieri e poi non abbiamo docce funzionanti, divise pulite, ci hanno detto che dobbiamo lavarle noi, non abbiamo neanche gli spogliatoi, ci cambiamo in un corridoio chiuso da una tendina. Una situazione allucinante”. Considerando i pericoli per la salute pubblica, per i lavoratori e per i cittadini, è davvero allucinante che nessuno parli. Un caso gravissimo di malasanità, ma anche di malagestione della cosa pubblica. Cos’altro serve al manager Verdoliva e al governatore De Luca per intervenire?

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.