Beppe Grillo rispetta il voto del silenzio solo a metà; in pubblico spera che il tempo agisca per rimarginare le ferite del video più imbarazzante della sua storia, mentre in privato sta chiamando tutti i big del partito per chiedere una mano. Ha sentito i gruppi parlamentari, gli strateghi della comunicazione, i più autorevoli membri del governo. Senza troppo successo. Grillo ha chiamato la Farnesina ma ha ricevuto un diplomatico silenzio. A rispondere al suo appello è stata invece la sottosegretaria alla Giustizia Anna Macina, da Brindisi. Più vittima sacrificale che eroica volontaria, la portavoce M5s, come ostinatamente si firma sui social, usa l’arma spuntata dell’aggressione alla tutela legale della parte offesa. E usa lo scranno di sottogoverno per prendersela con l’avvocato della vittima. Come da compiti assegnati, in un’intervista al Corsera difende il Garante del Movimento 5 stelle con parole già note: «Il video è l’urlo di dolore di un papà. Vi vedo molto il lato umano. Quasi nulla di politico», dice. Ma Grillo fa politica, ha un suo partito con il 32%, non si può continuare a considerare, a fasi alterne, un privato cittadino.

A scatenare la bufera è però l’attacco che Macina rivolge a Giulia Bongiorno, per la sua veste di senatrice della Lega e avvocato difensore della ragazza che ha denunciato la violenza, nonché legale di Matteo Salvini. L’oggetto della polemica studiata ad arte nelle segrete stanze del Movimento – va messo agli atti che Rocco Casalino alligna sempre lì – va ad annodarsi intorno al video che darebbe manforte alla tesi del clima di complice ebbrezza collettiva. Il filmato di cui hanno parlato Beppe Grillo e la moglie Parvin Tadjik, che secondo i genitori di Ciro lo scagionerebbe dall’accusa, “non l’avrà visto Salvini?”, chiede la sottosegretaria M5s. «In tv Salvini ha detto di averne parlato con Giulia Bongiorno, e ha detto di aver saputo altri dettagli. Non è che questo video, che non doveva vedere nessuno, lui l’ha visto? Sarebbe grave. Che si utilizzi per fini politici una vicenda di cui non si capisce se Bongiorno parla da difensore (che ha quel video) o da senatrice che passa informazioni al suo capo di partito di cui è anche difensore. Mi ha gelato sentirla dire che porterà il video di Grillo in Tribunale, lasciando intendere che il comportamento del papà ricadrà sul figlio. Cosa vuole fare, il processo alla famiglia? Rabbrividisco», chiosa Macina. Sospetti che costano alla sottosegretaria grillina alla Giustizia, la convocazione a via Arenula per volontà – racconta l’AdnKronos – della ministra Marta Cartabia.

L’Anm intanto prende posizione contro Grillo e il suo video. E scrive che le dichiarazioni del comico “sfiduciano il processo”. Mentre «è essenziale per la vita democratica del Paese che i processi, e quelli per violenza sessuale anzitutto, si svolgano al riparo da indebite pressioni mediatiche». Da qui la difesa dei magistrati di Tempio Pausania che, scrive l’Anm, «sapranno accertare i fatti con serenità ed equilibrio, garantiti dalla propria professionalità, nel rispetto dei diritti di tutti, degli imputati, che devono essere assistiti dalla presunzione di innocenza, e della denunciante, la cui dignità va tutelata». Per tornare all’arena politica, la replica della senatrice leghista Bongiorno, frattanto, non va per il sottile: «Si lancia in fantasiose, gravissime accuse a mio carico», scandisce Bongiorno. «Mossa dalla cultura del sospetto (verso i nemici) che caratterizza il Movimento 5 stelle, il sottosegretario Macina lede gravemente la mia immagine di essere umano, prima ancora che di avvocato, nel provare a insinuare che io abbia reso noti a chicchessia atti del processo».

Le parole della sottosegretaria grillina fanno insorgere via Bellerio, ma non solo. La Lega chiede formalmente alla ministra della Giustizia, Marta Cartabia, di sollevare dall’incarico la portavoce grillina. «Abbiamo depositato un’interrogazione al ministro della Giustizia, Marta Cartabia, per chiedere se ritenga il Sottosegretario Anna Macina ancora compatibile con l’incarico ricoperto al Ministero e con il mantenimento delle deleghe assegnatele, alla luce delle gravi dichiarazioni rilasciate oggi. Ciò che il Sottosegretario ha affermato, attaccando l’avvocato difensore di una ragazza che denuncia uno stupro di gruppo, denota un uso politico della giustizia e della sua posizione istituzionale», afferma in una nota Roberto Turri, capogruppo della Lega in Commissione Giustizia alla Camera. Forza Italia si associa alle parole durissime della Lega. Pierantonio Zanettin (FI) chiede che «la ministra Cartabia trovi il modo di sanare questa sgrammaticatura istituzionale». Ma anche Azione, Noi con l’Italia e Cambiamo!. A seguire Tommaso Foti (FdI) ha sottolineato: «Se non si dimette da sola, dovrà essere questa Camera o l’altra, con una mozione di invito al presidente del Consiglio a fare in modo che la sottosegretaria Macina lasci quell’incarico che con poco onore ha finora ricoperto».

Per Giuseppe Luigi Cucca, vicepresidente dei senatori di Italia viva, «è sconcertante leggere le parole dell’onorevole Macina, parlamentare e sottosegretaria alla Giustizia: è intollerabile che approfitti del suo ruolo istituzionale per mera piaggeria nei confronti del suo capo, Beppe Grillo. Un atteggiamento che è un chiaro esempio di doppia morale grillina: garantisti per se stessi, giustizialisti con gli avversari. Peccato che poi quegli stessi avversari nei confronti delle cui famiglie hanno rivolto i loro attacchi, siano stati poi prosciolti». Tra i banchi di Iv – si legge in una nota – era seduto anche Matteo Renzi, in segno di manifesta critica nei confronti della sottosegretaria grillina E Gennaro Migliore accusa: «Ha violato i suoi doveri istituzionali, il suo ruolo è incompatibile».

Lo scontro frontale ricompatta per un giorno il Movimento. O quasi. L’ala contiana continua a lavorare per il superamento dei Vaffa continui. Il promotore dell’associazione ItaliaPiù2050, Diego Antonio Nesci, fratello della sottosegretaria per il Sud Dalila Nesci, vuole chiudere con la stagione giustizialista: «Il M5s è orfano di una seria riflessione collettiva sulla giustizia. Propongo un corale mea culpa sull’uso spregiudicato dell’invettiva riguardo a vicende giudiziarie personali. Il video di Grillo rappresenta uno spartiacque politico per il M5S, che non può rimanere un aggregato liquido eterodiretto».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.