Il Riformista ha ragione di ritenere che le autorità – poi vedremo quali e quando – fossero a conoscenza, per tempo, delle difficoltà del barcone che ha portato alla morte di oltre 60 migranti, tra cui numerosi bambini. Lo possiamo sostenere dopo aver parlato con un tecnico della zona, un attendibile teste chiave di cui abbiamo verificato l’esperienza. Lo chiameremo Ruggero.

Ruggero è un tecnologo crotonese di una certa fama. Ha passato da poco i Cinquanta. Vive e lavora non lontano da Cutro. Parla con Il Riformista sulla scorta della rabbia per quello che ha visto sotto i suoi occhi: lo Stato che lascia in balia delle onde e degli scogli quei migranti inermi. “Sono un elettore di centrodestra e non parlo per presa di posizione ideologica, voglio precisarlo ancora prima di riferirle quanto sto per dire”, mi anticipa. “Ho votato Giorgia Meloni e spero che il suo governo vada avanti, ma non coprendo la verità come stanno facendo a Cutro. No, questa operazione noi di qua non la mandiamo giù così”. Andiamo al dunque. Mi parla di un promontorio sopra al mare. Sulla cui punta è stata montata una torretta, un traliccio. “Lo ha installato Almaviva nel 2006. Sa cosa c’è sulla punta del traliccio? Un radar”. E non uno qualunque. “No. Un radar potentissimo, gestito al 100% dalla Guardia di Finanza sotto il controllo diretto del Ministero degli Interni”.

L’installazione è recente. Sulla sua collocazione c’è stata una certa attenzione: le emissioni del radar dovevano stare distanti dal centro abitato ma anche dalle coltivazioni. “Sorveglia tutta una parte della Costa Jonica. E tra i suoi scopi c’è proprio quello di monitorare per tempo il transito di natanti non autorizzati, come i barconi dei migranti. E’ stato messo apposta, diciotto anni fa, in quel punto strategico”. La nostra fonte conosce i fatti. Dalla base della collina il traliccio si staglia per cinquanta metri. Il super radar è un corpo rotante che capta tutto, in mare, fino a 250 miglia marine. A chi invia i dati? “Alla Caserma Pirillo. Dove la Guardia di Finanza di mare e di terra decide come agire”. Ovvero come, se e quando entrare in azione. Come e quando informare la catena di comando. “La Finanza deve trasmettere le informazioni al Prefetto, ma il codice del mare dovrebbe imporre a chiunque, venuto a conoscenza del pericolo di vita delle persone in mare, di andarle a salvare”.

Possibile che il super radar non abbia detectato chiaramente il natante? “No, non è possibile. Quel radar vede scafi di legno anche molto piccoli. Capta anche relitti parzialmente sommersi. Anche pezzi di legno. E guardi che conosco quella macchina, le dico che se un grosso gabbiano si posa in acqua, a duecentocinquanta miglia, quel radar lo vede, lo fotografa e lo segnala. In tempo reale”. Come mai allora non si sono attivati i soccorsi per tempo? “Rimane un mistero. Di certo il radar ha funzionato. Ha trasmesso coordinate esatte e dimensioni di quel barcone”. Ruggero è fermo nelle sue affermazioni. “Dicono anche che il barcone, una volta segnalato, non poteva essere soccorso perché c’era il mare Forza 5. Io ho una barca, mi piace andare per mare. Quando c’è Forza 5 io esco, in barca. E mi diverto anche. Secondo lei le motovedette della Guardia costiera non hanno la capacità di soccorrere con Forza5?”, rilancia.

Io non lo so. “Glielo dico io: certo che possono. I soccorsi si fanno proprio perché c’è mare grosso. Non si fanno se non c’è almeno Forza 5. E chi conosce le motovedette, i pattugliatori che abbiamo qui, sa che sono mezzi idonei a operare in condizioni ben peggiori. Escono con mare Forza 8. Qui stanno mentendo”, insiste: “Lo scriva, che mentono. Ci stanno prendendo in giro, e davanti ai bambini morti sulla spiaggia”. Si calma, gli chiedo quali sono le condizioni della costa davanti a Cutro. “Quei poveracci sono stati sfortunati. Hanno preso uno scoglio, dovevano essere in condizioni ingovernabili. Gli è andata malissimo perché a duecento metri da quel punto maledetto, c’è una secca. Si sarebbero spiaggiati, li avremmo avvistati e raggiunti senza che ci fosse una sola vittima”.

E’ andata male. E poi c’è un altro dettaglio. “In mare, qui intorno, Eni sta facendo trivellazioni per il metano al largo di Capo Colonna, a poche miglia marine dalla spiaggia di Cutro. Ci sono tre rimorchiatori oceanici operativi, notte e giorno. A pochi minuti da dove è avvenuta la tragedia. Peccato che nessuno li ha avvisati”. Di chi sono quei rimorchiatori? “Due sono le ipotesi: di proprietà dell’Eni, oppure di un privato che ha il contratto con Eni. Poco importa. Se la Capitaneria avvisa che ci sono uomini in mare, quelli devono partire e intervenire. Non lo hanno fatto perché nessuno li ha chiamati”. Cosa sia accaduto davvero quella maledetta notte di sabato rimane ancora da tracciare. Ma quel radar parla ancora.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.