Ecco di che cosa il PD dovrebbe parlare al suo prossimo Congresso. Ho provato a sintetizzare in dodici punti i nodi che secondo me sono fra i più intricati e che vanno sciolti se si vuole approfittare davvero della “parentesi Draghi”.

1. Snobbare l’idea di una leadership forte, condivisa, è sbagliato. C’è bisogno di un leader riconoscibile, capace, informato, sensibile all’innovazione, radicale nei valori e al tempo stesso moderato nelle scelte. Forse che qualcuno pensa che Zingaretti potesse essere la soluzione?

2. La sinistra può vincere se va verso il centro, sia pure puntando sui suoi valori storici, tradizionali, ben sintetizzati dall’articolo 3 della Costituzione.

3. Uno dei primi obiettivi dovrebbe essere quello di ridimensionare la frammentazione della sinistra. Come? Vanno individuati alcuni punti unificanti e condivisibili: la scuola, l’ambiente, la lotta alla disuguaglianza. E visti i tempi della pandemia, la sanità. E sfidare Renzi, Calenda, +Europa, a scegliere insieme.

4. Oggi come non mai quel che serve è “una sinistra europea”. Occorrerebbe dunque promuovere “Europe First”, con politiche europee che garantiscano per incominciare protezione e riqualificazione dei lavoratori.

5. Sono necessarie riforme istituzionali/costituzionali? Si. E vanno affrontate con determinazione ma anche con senso della realtà. Vince su tutti la strategia di “un passo alla volta”. A cominciare dal una legge elettorale che privilegi il maggioritario.

6. Le colonne portanti di una nuova e moderna sinistra europea dovrebbero essere: l’uguaglianza delle opportunità; la libertà; la tolleranza; la solidarietà; fare sviluppo sostenibile; aprire varchi alla speranza politica e civile. Da qui passa la difesa della democrazia che oggi è sotto schiaffo.

7. Oggi destra e sinistra tendono ufficialmente ad accettare l’esistenza della democrazia liberale, ovvero un sistema politico-sociale che riconosce l’iniziativa privata in campo economico e la democrazia rappresentativa in quello politico. La differenza è nelle scelte delle priorità e soprattutto dei mezzi necessari alla realizzazione degli obiettivi primari.

8. Quanto pesa la rivoluzione tecnologia sulla politica? La tecnologia cambia molto velocemente ma la verità più profonda è che noi stiamo cambiando. E forse senza accorgercene a sufficienza.

9. Come mai la sinistra del lavoro appare marginale, e vincitori sono i nuovi ceti produttivi dell’informazionalismo? La sinistra come storicamente si è affermata non è più sincronizzata con il senso comune della società digitale. Che pone al centro della contesa sociale il sapere e non più la difesa del lavoro. Il volano di ogni trasformazione è proprio la tecnologia. Nel momento in cui la conoscenza diventa una forza produttiva a sé stante, enormemente più importante del lavoro impiegato per creare una macchina, la grande questione non è più salari contro profitti, ma chi controlla la potenza del sapere.

10. Quello del partito è un tema che sembra stridere con il mondo della rete. La Rete con il suo “ribellismo molecolare” chiede partiti, ma non il Partito, non più il Principe ma un originale tipo di organizzazioni liquide. Il partito moloch si inabissa perché si frantuma la madre di tutti i partiti: la grande fabbrica fordista. Entra in scena l’algoritmo, sistema intelligente di calcolo e previsione dei comportamenti e delle relazioni. Si accorciano le distanze fra base e vertice, fra mediatori e mediati, fra governanti e governati, i saperi si condividono, le competenze si scambiano, le informazioni si intrecciano. Di fronte alla pressione di un’opinione pubblica non più massa uniforme, ma moltitudine di individui, con identità, profili professionali, interessi e ambizioni caleidoscopiche differenti se non proprio contrapposti, il partito non trova più le affinità da organizzare, ma si vede circondato dalle differenze e perde la bussola.

11. La macchina capitalistica non è fatta di ferro e sudore, ma di calcoli e di saperi. Non è più il lavoro la base sociale. Uno spettro si aggira per il mondo: il non partito. E di conseguenza la non democrazia, e anche la non politica. Il linguaggio di questa nuova storia è l’informazione. Il modello del partito al tempo della rete è “un partito momentaneo”. Un partito momentaneo è un’organizzazione che orchestra le differenze per creare occasionali masse critiche. Si sbriciolano le identità di massa e si affermano pulviscolari istinti individuali. Oggi non è la catena di montaggio l’emblema della produzione sociale quanto la portabilità delle relazioni sociali veicolate e ordinate dallo smartphone.

12. Lavori individuali, consumi personali, partiti molecolari. Strade diverse che cercano semplicemente di trasferire i vecchi modelli organizzativi e leaderistici nei nuovi contesti digitali sono tutte dissestate. La rete non è megafono unidirezionale ma piattaforma di relazioni e di sussidiarietà politica. Oggi ci sono le armi per dare al tema di una democrazia permanente e calcolante quella base di consapevolezza, di saperi, e una coerente organizzazione. Una cassetta degli attrezzi che renda la politica un’attività per cui, rovesciando la feroce metafora di Oscar Wilde, valga la pena di perdere le proprie serate.

È affrontando questi nodi che si può sperare di rilanciare l’idea di ripensare la Sinistra e costruire il riformismo di cui abbiamo bisogno nei tempi della globalizzazione.