L'osca della disumanità
Con la sla in fin di vita, ma resta in carcere: il dramma di Maximiliano Cinieri condannato in primo grado per estorsione…

Tenuto chiuso in cella, mentre anche il suo corpo sta diventando una prigione. Accade ad Alessandria, casa circondariale Don Soria. Maximiliano Cinieri, 45 anni, ex allenatore di squadre dilettantistiche di calcio, non può più correre, ma cammina con difficoltà nei corridoi del carcere aggrappato alle stampelle o sulla sedia a rotelle. Sclerosi laterale amiotrofica: è questa la diagnosi, terribile, che si è visto mettere nero su bianco dai medici lo scorso dicembre, anche se i sintomi della malattia erano comparsi circa un anno prima, scrive il quotidiano Repubblica che ha raccontato la sua storia.
In custodia cautelare da aprile del 2021, scarcerato e poi nuovamente recluso ad agosto, Cinieri è accusato di estorsione con una condanna in primo grado. Ma sul suo capo pende una condanna peggiore, senza appello: una “sicura condanna a morte”, secondo il dottor Gianluca Novellone, perito di parte incaricato dal detenuto.
La sua malattia infatti, “degenerativa del I e II motoneurone di tipo midollare e bulbare”, “nella maggior parte dei casi progredisce fino alla morte dopo 3-5 anni dall’esordio”, si legge nell’ennesima istanza di scarcerazione presentata lunedì scorso al Tribunale di Asti dall’avvocato Andrea Furlanetto e che potrebbe essere esaminata oggi o domani. «Ne ho già presentate una decina: tutte respinte. Ma per Cinieri potersi curare fuori dal carcere significa guadagnare aspettativa di vita», spiega il legale raggiunto al telefono dal Riformista. «Le sue condizioni si sono aggravate in fretta negli ultimi mesi. Non riesce più a deglutire bene, assume liquidi solo in forma di gel, ha difficoltà a muoversi e deve farsi aiutare da un piantone, o da un altro detenuto che gli è stato affiancato».
Un quadro confermato da chi ha potuto incontrare l’uomo in carcere. «La malattia ha già toccato anche la parola», riferisce Perla Allegri, attivista di Antigone. Alice Bonivardo, garante dei detenuti, ha incontrato l’uomo la prima volta a novembre, da allora ha avuto con lui diversi colloqui, l’ultimo tre settimane fa. «La situazione è apparsa subito drammatica – dice al Riformista – ma ora si è ulteriormente complicata. Maximiliano è entrato in carcere da persona assolutamente autonoma, dover chiedere aiuto a un estraneo per le cose quotidiane è difficile anche dal punto di vista psicologico. Io sono in contatto con la figlia, la famiglia è molto preoccupata. E poi in prigione ci sono problemi interni, di gestione sanitaria». A sottolineare i problemi di gestione è anche il medico del carcere, dottor Roberto Carbone, che nell’ultima relazione presentata il 28 marzo scorso ha confermato uno stato di “grave infermità fisica” dell’uomo e affermato che “il carcere non è la collocazione idonea per un detenuto con le sue caratteristiche cliniche”, “la gestione di carceraria metterebbe in grossa difficoltà tutta l’area sanitaria e il nucleo traduzioni”, “non solo per la Sla ma anche per tutte le altre patologie di cui il Cinieri risulta affetto”.
E cioè: diabete, cardiopatia ischemica, ipertensione arteriosa, si legge nella relazione. Condizioni incompatibili con il regime carcerario anche secondo il direttore della Neurologia dell’Ospedale civile di Alessandria, Luigi Ruiz. Di diverso avviso però il perito del gip, che ha definito le condizioni di Cinieri compatibili con il carcere, così il giudice Giorgio Morando ha rigettato la richiesta dell’avvocato Furlanetto dei domiciliari con il braccialetto elettronico. La motivazione del rigetto è il pericolo di reiterazione del reato. «Ma è uomo che non è in grado di allacciarsi da solo le scarpe, stanno togliendo a mio padre ogni dignità», aveva denunciato ai giornali la figlia Valeria. «Ma è giustificabile tutta questa disumanità? Se fosse a casa ce ne occuperemmo noi, potremmo nutrirlo e curarlo a dovere, anche con cure sperimentali e la fisioterapia necessaria per consentirgli di mantenere un po’ piu’ a lungo le funzionalità. Cose che in carcere non vengono fatte».
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