Un articolo di Libero lo scorso gennaio ironizzava su di lei e altre “signore in rosso”, che copiavano il taglio di capelli della premier Giorgia Meloni. Dietro quelle parole utilizzate con faciloneria del quotidiano di destra si nascondeva invece il dramma personale di una di quelle “signore”, la giornalista Concita De Gregorio.

Il ‘taglio’ della penna di Repubblica, ex direttrice de L’Unità, sono in realtà una parrucca che indossa a causa della terapia quotidiana contro il cancro. Lo ha confessato la stessa giornalista a ‘Belve’, il programma di Rai2 condotto da Francesca Fagnani.

Lì De Gregorio si è raccontata senza filtri su lavoro e vita privata, parlando per la prima volta della sua malattia. “Cosa ha pensato quando hanno scritto che si è fatta lo stesso taglio di capelli di Giorgia Meloni?“, le chiede la Fagnani. Una domanda alla quale la giornalista risponde svelando: “Sono stata sul punto di chiamare il direttore, perché io preferirei avere i miei capelli, ma adesso porto una parrucca. Ho avuto un anno impegnativo: ho avuto un cancro, mi sono operata ad agosto; ora faccio terapia tutti i giorni. Ora ne parlo al passato perché ho tolto tutto, ma non si può mai parlare completamente al passato. Diciamo però che siamo sulla buona strada”.

Quanto alle ragioni del suo silenzio, l’ex direttrice de L’Unità spiega di voler “evitare che tutti si rivolgessero a me con aria dolente chiedendomi come stai, perché quello è solo un pezzo della tua vita, non è tutta la tua vita”. Una battaglia difficile, fatta di momenti complicati: il peggiore “è stato capire come dirlo al più piccolo dei miei figli, che vive in Australia. Io volevo farlo di persona. Ma a quel tempo facevo una terapia molto fitta. Ho convinto i medici che mi avrebbe fatto meglio vedere mio figlio che fare la terapia senza vederlo”.

Dalla vita privata a quella lavorativa. Concita De Gregorio, oggi editorialista di Repubblica, è stata nel triennio 2008-2011 direttrice de L’Unità. Periodo molto complicato e segnato da un lungo strascico giudiziario a causa del fallimento della società editrice del quotidiano fondato da Antonio Gramsci e fino al 1991 organo ufficiale del Partito Comunista. Come direttore responsabile del quotidiano era stata ritenuta l’unico soggetto chiamato a rispondere delle cause per diffamazione mosse in sede civile contro la testata (pur non essendo stata l’autrice degli scritti), subendo per questo il pignoramento di conti bancari e altri beni nell’ambito di varie azioni giudiziarie.

Ho pagato moltissimo, sto ancora finendo”, spiega De Gregorio, che poi aggiunge anche una cifra: “Ho sborsato, di tasca mia con il mio lavoro in questi dieci anni, più di due milioni di euro”. E a proposito di lavoro e colleghi, nella trasmissione si torna anche su un ‘celebre’ diverbio avvenuto in tv con Alessandro Sallusti, reo di averla chiamata per nome e non per cognome come faceva con gli altri colleghi. La Fagnani le fa notare che lei ha una rubrica su Repubblica che si chiama “Invece Concita…”. Ma De Gregogio spiega: “E’ una questione di contesto e di consenso: io con i miei lettori stabilisco un rapporto confidenziale e dispongo del mio nome, perché voglio farlo. Però se non ti do il permesso di chiamarmi per nome…”. E aggiunge: “E’ un metodo: con le donne usano soltanto il nome e mai il cognome; questa falsa confidenza ha un sottotesto, il non detto è derubricarti a una persona intima e non conferirti autorevolezza”.

Redazione

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