Sia chiaro: quella di dare “pieni poteri” a Roberto Burioni nella gestione dell’emergenza Covid19 è una provocazione, niente più. Ma è altrettanto evidente che non può essere la politica a gestire e a comunicare una crisi che ha bisogno di competenze specifiche e forse, ancor di più, di una voce autorevole del mondo scientifico. Nelle situazioni di emergenza servono pochi messaggi chiari, regole condivise, trasparenza e credibilità. Prospettare “Milano come Wuhan” se la situazione dovesse degenerare (cit. Attilio Fontana, governatore leghista della Lombardia) è un grave errore di comunicazione che non ci si può permettere nello scenario attuale.

Insomma: la politica ha il dovere di decidere, ma non necessariamente l’obbligo di straparlare. A lei spetta decidere la rotta, ma poi deve essere un pilota abilitato a guidare l’aereo, comunicare con i passeggeri e condurli a destinazione.  In questa emergenza del Coronavirus alcuni rappresentanti politici hanno parlato molto, lasciando poco spazio agli scienziati. Scienziati che, per carità, avranno pure detto la loro in tutte le salse (interviste, tweet, talk show, etc.) ma che non lo hanno fatto in nome e per conto dello Stato italiano. Scienziati che in alcuni casi hanno parlato con voci diverse anziché con una voce univoca, istituzionale, condivisa. In questo senso viene da chiedersi: cosa aspetta il governo – con il consenso di tutte le opposizioni – a nominare un commissario scientifico ad hoc per gestire la crisi del Coronavirus? Perché non c’è ancora uno scienziato di chiara fama, meglio se bravo a comunicare, che possa parlare per tutta la comunità scientifica italiana? E perché nessuno nel governo ha valutato di chiedere a Guido Bertolaso o Roberto Burioni o Ilaria Capua o ad altri di ricoprire questo incarico?

Molto spesso il consenso si costruisce sulle paure delle persone. Paure che vengono alimentate facendo leva sull’incertezza e sulla confusione. Certi politici (non solo quelli a cui state pensando voi) sembrano più bravi a governare le inquietudini e ad egemonizzare le preoccupazioni che a governare un Paese. Il problema – e qui torniamo all’emergenza del Coronavirus – è che una paura ingovernata, o addirittura alimentata da decisioni prese in ordine sparso, può produrre danni incalcolabili. E finché non saremo in grado di declassare la paura di oggi a preoccupazione consapevole, correremo il rischio di effetti per la salute pubblica potenzialmente più pericolosi dello stesso virus.