Sulla Cina è bene tenere a mente almeno due cose: che è in grado di costruire un ospedale in 10 giorni; che è stata in grado di occultare il diffondersi di un’epidemia come il coronavirus per più di un mese, dopo aver posto in arresto otto persone che avevano lanciato l’allarme.

Si deve partire da qui per capire quanto l’emergenza sanitaria partita dalla Cina può sconvolgere a lungo il fragilissimo equilibrio dei rapporti internazionali con Pechino, e non solo per le enormi questioni economiche che porta con sé. Tutti i paesi hanno capito, se ancora ce ne fosse bisogno, la forza straordinaria e la debolezza straordinaria dello Stato più popoloso del mondo: la rapidità esecutiva degli indirizzi decisi dal governo ma anche la velleità, in un mondo interconnesso a maglie sempre più strette, di voler controllare il flusso delle informazioni verso l’esterno.

E di stupirsi poi degli effetti che questa velleità produce. In tal senso sorprendono le proteste di Pechino per il blocco dei collegamenti con la Cina, come sorprendono i tentativi del governo cinese di far credere che l’Italia fosse disponibile a ripristinare i voli con la Cina (sempre che qualcuno non glielo abbia fatto credere). Nella mattinata di ieri, infatti, l’agenzia di stampa cinese Xinhua ha dato notizia di un accordo tra Italia e Cina «per riprendere temporaneamente alcuni voli diretti». A stretto giro la portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Hua Chunying, nel corso di una conferenza stampa on line, ha confermato che l’Italia «è pronta a riprendere alcuni voli civili per i normali scambi il prima possibile».  A stretto giro la smentita italiana: prima dal ministero della Salute e poi da “fonti” del ministero degli Affari Esteri.

Non ci sono chiare le ragioni per cui la Cina abbia voluto dare ufficialità ad una notizia che sarebbe stata smentita dall’Italia. Si può ipotizzare che lo abbia fatto per tranquillizzare la popolazione o forse per un fraintendimento tra diplomatici. Ciò che ancora una volta emerge, e che preoccupa, è che le informazioni rilasciate da un così importante stato sovrano non siano attendibili. In questo senso è chiaro che il blocco aereo per cui hanno optato nelle settimane scorse Paesi e compagnie aeree non è la conseguenza di una scelta discriminatoria, ma il risultato di una generalizzata assenza di fiducia.

L’inaffidabilità di Pechino ha finito per generare anche una prevedibile per quanto ingiustificabile sfiducia verso i nostri concittadini italiani di origine cinese che, pur non essendo stati in Cina negli ultimi mesi, si sono visti e si vedono emarginati dalla vita sociale. In questo senso la visita del Presidente Mattarella alla scuola Daniele Manin di Roma – l’istituto si trova in un quartiere con altissima presenza cinese – è stata una forte testimonianza di serietà e vicinanza dello Stato ai cittadini di origini cinesi che convivono con noi.

Proprio l’esempio virtuoso del Presidente Mattarella ci impone una riflessione senza sconti sulla natura del governo cinese e sulle sue responsabilità in questa drammatica vicenda. Se molti nostri concittadini cinesi hanno subito e subiscono oggi l’onta del pregiudizio, è innanzitutto perché l’iniziale carenza di trasparenza sull’epidemia, la volontà di nascondere quel che stava accadendo, le informazioni provenienti dalla Cina costantemente smentite dalla comunità scientifica internazionale, hanno generato panico e incertezza in ampie fasce della popolazione.