La ministra della Giustizia ha trovato la soluzione per mettere finalmente tutti d’accordo: aumentare il numero dei componenti del Consiglio superiore della magistratura. Il jolly è stato tirato fuori da Marta Cartabia ieri durante la riunione con gli esponenti della maggioranza in Commissione giustizia alla Camera. L’aumento dovrebbe essere di circa il 25 percento. Come raccontato in questi giorni dal Riformista, anche l’ultima bozza della legge di riforma del Csm aveva sollevato aspre critiche fra i gruppi della magistratura associata. Il sistema proposto dall’ufficio legislativo di via Arenula, archiviato quello del voto singolo trasferibile messo a punto prima dell’estate dal professore Massimo Luciani, era basato su collegi binominali, con un meccanismo elettorale di tipo maggioritario.

Tale sistema, però, alla luce degli ultimi risultati per il rinnovo delle giunte distrettuali dell’Associazione nazionale magistrati, avrebbe visto il trionfo un po’ ovunque di Magistratura indipendente, la corrente di destra delle toghe. E, al contempo, sarebbero scomparse Unità per la Costituzione, il gruppo di centro e di cui Luca Palamara è stato per anni il ras indiscusso, da sempre ago della bilancia nelle nomine e negli incarichi, e Autonomia&indipendenza, il sodalizio fondato da Piercamillo Davigo. Uno scenario, quello della vittoria di Mi, che nessuno aveva ipotizzato, dal momento che questa corrente, associata per anni a Cosimo Ferri, era rimasta travolta dallo scoppio del Palamaragate a maggio del 2019. Evidentemente, però, i magistrati hanno avuto modo di riflettere su quanto era accaduto, decidendo di dare il proprio voto a Mi, senza farsi condizionare dal racconto dell’hotel Champagne.

L’aumento dei consiglieri togati di quattro unità, nelle intenzioni della ministra, darebbe così più spazio alle minoranze. Con l’aumento dei posti in Plenum il via libera togato alla riforma del Csm dovrebbe essere cosa fatta.
Gli emendamenti al testo in discussione alla Camera, a questo punto, potrebbero arrivare già in Consiglio dei ministri alla Vigilia di Natale. «Ho apprezzato la disponibilità della ministra Cartabia al dialogo che proseguirà nel confronto in Aula», è stato il commento di Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in Commissione giustizia alla Camera prima di entrare a Palazzo San Macuto per le audizioni sulla morte di David Rossi. «Alla ministra – ha aggiunto Zanettin – ho ribadito che Forza Italia continua a sostenere la proposta del sorteggio temperato per l’elezione della componente togata del Csm. Ed ho confermato la richiesta che i magistrati eletti in politica non tornino più a fare i giudici e che in uscita debbano essere loro prospettate diverse soluzioni alternative, compresa l’avvocatura di Stato». «Pretendiamo inoltre che venga limitata ad una sola volta, ed entro i primi quattro anni di carriera, la possibilità di passare da pm a giudice o viceversa», ha quindi concluso il parlamentare vicentino.

L’attuale numero di 16 togati venne voluto dal ministro della Giustizia Roberto Castelli (Lega) nel 2002, durante il secondo governo Berlusconi. In un’ottica di risparmio dei costi e snellimento delle procedure, il governo di centrodestra aveva deciso di tagliare i componenti di Palazzo dei Marescialli. Evidentemente adesso i soldi ci sono e ci si può permettere quattro togati in più, il cui emolumento è come quello di un parlamentare, a cui andranno aggiunti anche due laici. Dal momento che la Costituzione prevede che i componenti del Csm siano per 2/3 togati e per 1/3 laici, per mantenere il rapporto invariato i laici dovranno passare da otto a dieci. Una decisione, quella della ministra, in netta controtendenza con il recente taglio di deputati e senatori voluto proprio in questa legislatura. Ma quando ci sono di mezzo le toghe, ogni cosa, anche il risparmio, deve essere vista in un’ottica diversa.