Il ministero della Giustizia fa sapere che è stata avviata un’iniziativa in linea con il Pnrr per «incrementare la digitalizzazione degli uffici giudiziari». Presenta l’iniziativa come un progetto pilota dal nome accattivante, Tribunale online, un progetto che si pensa poi di estendere progressivamente a tutti i tribunali italiani. Il tribunale di Napoli nord è tra le quattro sedi giudiziarie scelte per l’avvio del progetto, le altre sono Catania, Catanzaro e Marsala. Napoli nord, quindi, è l’unico tribunale della Campania ed è anche uno dei cinque più grandi uffici giudiziari del Paese.

Ci sarebbe da essere orgogliosi e ottimisti se non ci fosse la realtà di tutti i giorni a riportare chi frequenta i Palazzi di giustizia campani con i piedi per terra, smorzando ogni facile entusiasmo. Il tribunale di Napoli nord è da anni, praticamente da quando otto anni fa è stato aperto, in condizioni di grave affanno per interventi logistici mai portati a termine, per mancanza di spazi e di risorse, per una pianta organica fatta a tavolino senza tener conto della complessità delle esigenze di giustizia di un territorio così vasto come quello che ricade sotto la competenza di questa sede giudiziaria. Sembra quasi una beffa pensare che questo Tribunale sia stato scelto per un grande progetto di digitalizzazione quando c’è un solo impiegato a lavorare in un ufficio che come quello Tiap deve far fronte a un’utenza smisurata.

«Emblematicamente è l’esempio delle ipocrisie della politica italiana», commenta l’avvocato Felice Belluomo, presidente della Camera penale di Napoli nord. «Dietro la velocità di comunicazione e la digitalizzazione c’è bisogno che ci siano uomini, quindi personale quantitativamente e qualitativamente in grado di supportare un carico di lavoro digitale. Siamo contenti che si voglia optare per la digitalizzazione e che si sia scelto il Tribunale di Napoli nord tra le sedi per il progetto pilota – aggiunge l’avvocato Belluomo – ma attenzione a non cadere nell’ipocrisia che caratterizza il modo di operare della nostra politica. Va bene puntare sul digitale, ma questo digitale deve essere recepito da una macchina amministrativa e da una struttura adeguate altrimenti è un cane che si morde la coda».

Il caso dell’ufficio Tiap dove c’è un solo impiegato la dice lunga. Si consideri che il Tiap è l’ufficio per il trattamento informatico degli atti processuali, offre il servizio di visione atti e rilascio di copie informatiche relative a fascicoli per i quali si è si è proceduto a notificare un avviso di conclusione delle indagini, un’archiviazione o che si trovano in fase dibattimentale. È l’ufficio dove si richiedono e si ritirano tutti i verbali di udienza e considerando che al tribunale di Napoli nord, in un anno, si contano circa 25mila procedimenti pendenti si può avere una facile idea della mole di atti e di richieste che passano per questo ufficio. Volendo stimare una media (al ribasso) di due imputati a processo, parliamo di circa 50mila richieste. Come fa un solo impiegato a evaderle?

«Si vive un po’ alla giornata, sull’emergenza costante e continua – spiega Belluomo -. I problemi alla fine restano sempre gli stessi, irrisolti. Da qualche mese abbiamo fatto la posa della prima pietra nella famosa aula bunker che si attende da otto anni, ma è ancora tutto fermo. C’è la segnaletica che indica l’aula bunker ma ancora non c’è l’aula, paradossalmente assistiamo a uno Stato che truffa sé stesso perché scrive che esiste un’aula bunker ma di fatto non è così, tanto che i processi con più di dieci imputati siamo costretti a celebrarli a Napoli». Problemi burocratici all’origine dello stallo dei lavori, rimpalli di responsabilità tra istituzioni.

«Abbiamo plaudito l’ufficio del processo che a Napoli nord ha portato un centinaio di nuove risorse assolutamente necessarie, ma non c’era spazio a sufficienza per loro e si è stati costretti a sistemarli nei corridoi installando dei separè in legno, una condizione che in qualsiasi altra azienda privata sarebbe stata considerata priva di sicurezza», spiega il presidente dei penalisti di Napoli nord che alla ministra Cartabia consegnò un libro bianco per denunciare le disfunzioni del Palazzo. E allora viene da chiedersi quanta utilità possono avere queste eccezionali iniziative pilota se poi nell’ordinario si lavora in condizioni di perenne emergenza?

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).