L’ultima inchiesta, in ordine di tempo, della Procura di Napoli contiene un dettaglio che, se confermato, è l’ennesima spia di come disfunzioni e ritardi generino affanni, ansie, persino comportanti esasperati o illeciti. Tra le righe di questa inchiesta viene fuori, infatti, che una funzionaria giudiziaria pro tempore della quarta sezione della Corte d’appello di Napoli avrebbe, tra febbraio e marzo 2021, distrutto, soppresso e occultato atti giudiziari, interi fascicoli di processi penali ancora in corso o già conclusi. In almeno cinquanta circostanze pezzi di vita processuale di persone, anche ignare della soppressione delle carte che le riguardavano, sono spartiti.

Nelle stanze della Torre del palazzo di Giustizia al centro direzionale quei fascicoli erano diventati arretrati da smaltire, in qualunque modo. La funzionaria è agli arresti domiciliari da ieri, insieme a un assistente giudiziario della Corte d’appello di Napoli. La funzionaria deve difendersi dalle accuse di soppressione e distruzione di atti; l’assistente giudiziario dai reati di corruzione, accesso abusivo a un sistema informatico e truffa in danno dell’amministrazione perché sospettato di aver rivelato notizie e informazioni ritenute non ostensibili, in alcuni casi anche in cambio di somme di denaro tra cinquanta e cento euro. Ma è soprattutto la storia della funzionaria a colpire e ad accedere un faro sulla situazione in cui versa la nostra giustizia e in cui si trova chi per essa lavora.

Dalle intercettazioni al cuore dell’inchiesta, gli stessi inquirenti sottolineano come la funzionaria avesse manifestato a terzi «preoccupazione sia per la mole di lavoro in capo al suo ufficio – a suo dire eccessivamente elevata – sia per la circostanza che alcuni fascicoli risulterebbero smarriti», peraltro «…con il silenzio di altri appartenenti all’amministrazione giudiziaria». In un passaggio emerge addirittura il disappunto di un addetto alle pulizie che, di fronte alla mole di carte da buttare che riempiono il cestino nell’ufficio della funzionaria, si lamenta. Dentro ci sono fascicoli, buste, cartelle, documenti che sistematicamente la funzionaria è accusata di aver fatto sparire gettandoli nel contenitore della raccolta differenziata della carta. Non in cambio di soldi, ma – almeno questo è il sospetto – per smaltire il troppo lavoro. Se così fosse il fatto sarebbe comunque grave, perché tra quelle carte distrutte ci sono pezzi di storia giudiziaria che hanno richiesto poi tempo per essere ricostruiti e forse riguardano innocenti ingiustamente finiti sotto processo. Ma sarebbe un fatto grave anche sotto un altro profilo: la giustizia è troppo in affanno.

La Corte di appello di Napoli è un ufficio grande, che accoglie i processi di primo grado che arrivano dai vari tribunali del distretto e parliamo di distretti altrettanto grandi, basti pensare a Napoli, Torre Annunziata, Napoli Nord, Santa Maria Capua Vetere. Questo significa che in Appello confluiscono migliaia di processi, da quelli con un solo imputato ai maxiprocessi di criminalità organizzata con decine di posizioni da valutare. Atti e fascicoli non si contano. Dalle immagini video catturate dai finanzieri durante la fase delle indagini saltano agli occhi le stanze piene di documenti. Anche la stanza dove lavorava la funzionaria da ieri agli arresti domiciliari era sommersa dalle carte. Lei, intercettata, si lamentava che in ufficio erano in pochi. Non è una novità, le carenze di organico nel personale amministrativo del Palazzo di Giustizia di Napoli sono da anni segnalate al Ministero che però ancora non ha trovato il modo di risolvere il problema, con la conseguenza che pure a voler compiere i più ardui e leciti sforzi organizzativi gli arretrati si sono accumulati di anno in anno, fino a raggiungere i 50mila processi arretrati. Troppi, evidentemente. Per tutti. percorsi della giustizia tradizionale.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).