Niente più limiti all’accesso degli avvocati in cancelleria a partire dal primo luglio. E, dalla stessa data, stop anche alle norme che da più di un anno impediscono alle persone arrestate e al pubblico di seguire le udienze dal vivo. Ecco le richieste che la Camera penale partenopea ha messo nero su bianco in un documento indirizzato a Giuseppe De Carolis ed Elisabetta Garzo, presidenti rispettivamente della Corte d’appello e del Tribunale di Napoli, e al procuratore generale Luigi Riello. Tre pagine in cui i penalisti ribadiscono ai vertici della magistratura un concetto molto chiaro: ora che la curva dei contagi da Covid è nettamente calata e che il governo Draghi ha dato il via libera persino allo svolgimento delle assemblee condominiali in luoghi chiusi, confermare le misure antivirus nelle aule giudiziarie non solo non ha senso, ma comprime quel diritto di difesa e quella pubblicità del giudizio che sono alla base del processo accusatorio e di uno Stato democratico.

Attualmente, infatti, gli avvocati sono ancora costretti a prenotare l’accesso nelle cancellerie anche solo per prendere visione dei fascicoli processuali. «E questo – sottolineano Marco Campora e Angelo Mastrocola, rispettivamente presidente e segretario della Camera penale di Napoli – si risolve esclusivamente in un incomprensibile aggravio del lavoro quotidiano degli avvocati e in una compressione dei diritti inerenti la difesa tecnica, spesso legati a situazioni di urgenza e rapidità di intervento». Di qui la richiesta di riapertura delle cancellerie a partire dal primo luglio. La seconda questione riguarda, invece, la partecipazione all’udienza da remoto delle persone private della libertà. In merito, i penalisti napoletani chiedono la revoca del divieto di partecipazione dal vivo alle udienze. Non si tratta di un “capriccio”, ma della necessità di «procedere a un nuovo e diverso contemperamento tra l’esigenza di contrastare la diffusione del virus e il diritto costituzionalmente garantito del singolo imputato a un processo che trova nel contraddittorio orale la più alta espressione del diritto di difesa». E poi c’è il tema del divieto di partecipazione del pubblico alle udienze. Qui i penalisti chiedono ai vertici della magistratura locale di «restituire al processo penale la pubblicità del giudizio, quale principio fondante il processo accusatorio, connaturata a un ordinamento democratico fondato sulla sovranità popolare».

Per corroborare le proprie richieste la Camera penale fa leva sul decreto legge 65 dello scorso 18 maggio, attraverso il quale il governo Draghi ha dato l’ok alla riapertura delle palestre e dei centri commerciali, senza dimenticare che attualmente è possibile andare al cinema, a teatro, allo stadio e consumare all’interno di bar e ristoranti. E, dopo la ripresa di attività come le assemblee condominiali al chiuso, dal primo luglio scatterà il via libera a convegni e congressi in presenza. Che ragione c’è, dunque, di limitare ulteriormente l’attività giudiziaria che coinvolge diritti costituzionalmente garantiti – come quello di difesa e a un giusto processo – che rappresentano il “termometro” della civiltà e della democrazia di uno Stato? Perché “accanirsi” sulla giurisdizione alla quale «il silenzio e l’oscurantismo», più volte denunciati dai penalisti, hanno inferto un colpo durissimo? È sulla base di queste osservazioni che Campora e soci chiedono la riapertura delle cancellerie agli avvocati e delle aule agli arrestati e al pubblico.

Ora non resta che attendere le mosse della magistratura. Nei giorni scorsi il procuratore Giovanni Melillo ha allentato le restrizioni anti-Covid allungando l’orario di ricevimento degli avvocati e abolendo l’obbligo di prenotazione per i giornalisti che intendono accedere agli uffici. La presidente del Tribunale Garzo, però, ha escluso riaperture a stretto giro “gelando” gli avvocati che denunciavano la paralisi del Giudice di pace e chiedevano di incrementare le udienze. I segnali che arrivano dalle toghe, dunque, sono contrastanti: ridurranno le misure anti-Covid, come ha fatto Melillo, o confermeranno la linea del rigore, come preannunciato da Garzo? Chissà. Certo è che sulla gestione delle udienze – e sulle sue implicazioni in termini di diritti e garanzie – si rischia l’ennesimo strappo tra toghe e avvocati.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.