La precisazione di Palazzo Chigi arriva qualche minuto prima delle 17. Preziosa e opportuna più che mai per riportare sui binari retroscena e ricostruzioni che da un paio di giorni stavano facendo deragliare il dibattito politico. «In merito ad alcune notizie riportate sulle agenzie di stampa, si fa presente che il disegno di legge di Bilancio è stato approvato formalmente dal Consiglio dei Ministri nella riunione di giovedì 28 ottobre. Per questo motivo non si rende necessario alcun nuovo passaggio o esame in Cdm». Fine e stop delle ricostruzioni, non solo delle agenzie di stampa ma anche di alcuni quotidiani, che ormai erano quasi a un passo dal raccontare la “crisi” del governo dei migliori incapace di trasmettere al Parlamento la legge di bilancio. Basterebbe solo ricordare che nell’anno horribilis 2020 Giuseppe Conte riuscì a trasmettere alla Camera la legge di bilancio a fine novembre. Era già impegnato, tra le altre cose, a raccogliere i responsabili per il Conte 3.

Ma se l’anno scorso non è da prendere in esempio per mille motivi, non c’è dubbio che il testo della manovra è un altro passaggio stretto e tortuoso del governo Draghi. Il premier deve mettere ogni giorno chili di ovatta nelle orecchie per non farsi disturbare dal rumore di fondo di chi lo vuol mandare al Quirinale per poi andare a votare (ieri lo hanno detto Meloni e Salvini), di chi lo vuole tenere a palazzo Chigi per finire il lavoro del Pnrr e tenere libera per ambizioni di parte la casella della Presidenza della Repubblica (è l’ultima posizione di Letta e Conte anche se quest’ultimo vorrebbe andare a votare prima del 2023, data a cui teme di arrivare logorato). Di chi, tutto sommato, considera Mario Draghi una figura troppo ingombrante nella scena politica nazionale.

In tutto questo vociare di maniera e di posizionamento, la legge di bilancio è stata negoziata dai partiti, licenziata in Consiglio dei ministri il 28 ottobre, oggetto di una conferenza stampa il giorno stesso e se finora non è stata ancora trasmessa al Parlamento è perché, con infinita pazienza, il premier ha voluto rifare i giri di tavolo con i leader dei vari partiti, anche di opposizione, per chiarire una volta per tutti i passaggi più controversi che riguardano reddito di cittadinanza, pensioni e bonus edilizia.

Dunque nessuna riscrittura o correzione. Meno che mai ritorno in Consiglio dei ministri.

Piuttosto, come ha spiegato ieri sera il ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta, «ci sono stati dei completamenti in linea con le decisioni già prese». I cosiddetti puntini sulle “I” per evitare ripensamenti e colpi di testa in aula nell’iter di approvazione della legge di bilancio. «I completamenti – ha aggiunto Brunetta – sono conseguenti ai dibattiti che avvengono in Consiglio dei ministri, che poi vengono perfezionati successivamente e inseriti nelle singole voci» della manovra legge “in coerenza di modifiche già decise”. Anche sul “decalage” del Reddito di cittadinanza «è stato già tutto definito nel finale di riunione del Cdm che ha approvato la manovra». Ovverosia, il taglio dell’assegno avverrà non dopo i primi sei mesi ma dopo la prima «offerta di lavoro congrua che è stata rifiutata». Resta da capire ancora come sarà certificato il rifiuto del posto offerto. Lo capiremo solo leggendo.

Il pragmatismo e il decisionismo di Draghi hanno dovuto prendere in mano la situazione in una giornata dove molti hanno invece voluto dare l’impressione che gli accordi presi potessero di nuovo cambiare. In una perenne campagna elettorale dove ciascuno continua ad alzare bandierine irrinunciabili. I leader riescono a cambiare umore e strategie a ogni sondaggio sulle intenzioni di voto.

Ieri mattina alle 11 una riunione a palazzo Chigi con i ministri Orlando, Patuanelli e Brunetta, Draghi e i tecnici del Mef (il ministro Franco è impegnato a Bruxelles) ha avuto per oggetto il reddito di cittadinanza. A mezzogiorno e mezzo una conferenza stampa al ministero del Lavoro in cui Orlando ha spiegato le dieci proposte per migliorare il reddito di cittadinanza frutto dell’indagine del Comitato scientifico presieduto dalla sociologa Chiara Saraceno. Meloni e Salvini che, dal canto loro, seguendo il flusso delle notizie in arrivo hanno alzato la posta. «La Lega ha le idee chiare su cosa ottenere in questa legge di bilancio per le famiglie e i cittadini – ha spiegato Salvini in un punto stampa – l’aumento delle pensioni di invalidità andando a tagliare i furbetti del reddito di cittadinanza, e l’aumento della flat tax per partite Iva, autonomi e piccoli imprenditori fino a 100mila euro di fatturato». Anche Giorgia Meloni ha fatto la sua conferenza stampa.

Una ridda di notizie e informazioni che hanno allarmato Italia viva. «Non è che adesso si cambiano la carte in tavola?», si sono chiesti i renziani. Da qui lo stop della capogruppo Maria Elena Boschi ieri pomeriggio in conferenza dei capigruppo: «La legge arrivi in Parlamento in tempo per garantire la doppia lettura». Un modo per mettere in guardia da ulteriori modifiche. Smentite anche dallo stesso ministro Orlando: «Nella riunione di stamani sostanzialmente è stato consolidato e precisato il testo uscito dal Cdm. Non ci sono grandi novità».

Poi è arrivato il comunicato di palazzo Chigi. Per stoppare nuove fughe in avanti. La legge arriverà in Parlamento tra oggi e domani. Ed è vero che solo allora sapremo con certezza come sono stati risolti una serie di nodi per mettere al riparo da truffe e frodi – di cui è piena la cronaca in questi giorni – che riguardano i super bonus edilizi, il reddito di cittadinanza, le detrazioni fiscali per l’affitto dei giovani fino a 31 anni e i fondi aggiuntivi ai Comuni per lo sviluppo e gli asili nido.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.