Il vero nuovo dio di queste elezioni di mezzo termine negli Stati Uniti fa titolo su tutti i giornali americani ma per noi italiani costituisce una faccenda marginale, da accantonare o al massimo ridicolizzare sennò ci saltano i fondamentali. Ricordate che cosa dobbiamo sostenere con aria sapiente (citazioni, citazioni!) . Ripassiamo: Trump: un pazzo furioso, evasore fiscale, tocca il culo alle segretarie, messosi in testa d’essere Grillo voleva scoperchiare Capitol Hill come una scatola di tonno. Joe Biden? Che delusione! Barcolla, bacia la mano a signore momentaneamente assenti, però è di sinistra. Per quanto. Di sinistra? Ma quello è uno che manda armi a botte di cento milioni di dollari agli ucraini.

E’ il vero re americano, il “Tax Payer” che è un contribuente padrone, si è rotto di dover pagare tutti questi soldi per una guerra che si combatte in culo al mondo, in quell’area in cui di solito scoppiano le guerre mondiali, sicché poi tocca ai ragazzi dell’Arkansas o del Montana andare a farsi ammazzare sulla Marna, ad Anzio, in Normandia. Dunque, la prevedibile legnata dei democratici e di Biden deve essere solo misurata nei dettagli, ma Joe perde anche perché suo figlio Hunt ha fatto affaracci sporchi con gli ucraini. Ma non è ancora questo il punto.
Il punto è che diventa sempre più difficile per noi europei, affezionati al nostro mondo tolemaico ottocentesco in cui si vedono soltanto nazifascisti da una parte e buoni laici dall’altra. Vagli a spiegare che è successo un fatto impensabile, puntualmente registrato dal New York Times che è bastione della sinistra mondiale, ma anche nemico di tutte le autocrazie dell’Est, con base a Mosca. Per noi europei, giornalisti inclusi, la contraddizione è inspiegabile: ma come? Sei di sinistra e vuoi la guerra con la Russia?

E il punto è questo: neri e immigrati, messicani e asiatici, si sono gettati a capofitto nel partito repubblicano che scatenò una guerra civile da settecentomila morti – fratelli congro fratelli, padri contro figli – per la liberazione degli Stati Uniti dallo schiavismo, introdotto dagli inglesi nelle loro colonie, dopo i francesi, gli olandesi, i portoghesi e gli spagnoli. Sono fioriti ovunque specialmente nel Sud leader locali neri o di quella varietà umana intermedia che l’Homo Americans, con sangue nativo e ispanico, una goccia di trappeurs francesi, e poi tutto il patchwork europeo delle antiche lingue e piatti fumanti delle Old Countries: quello che promosse i Diners, quei ristorantini familiari a compartimenti ferroviari dove ogni etnia trova il suo Borsh o la sua pasta con le vongole.

Durante il breve e contestatissimo regno del magnate Trump (sempre odioso, sempre in prima pagina): un taglio di tasse mostruoso (come quello che ha tentato in Inghilterra, fallendo, la Truss) provocò una crescita colossale dell’economia americana e per la prima volta gli afroamericani ottennero una promozione sociale economica, borse di studio alle università come non ne avevano mai avute e così gli americani di origine latina, guidati da famosi leader repubblicani di etnia ispanica come Ted Cruz e Marco Rubi e l’astro nascente fra i rampolli di Trump, ovvero il governatore della Florida Ronald De Santis. Tutto va bene, dunque? è soltanto un avvicendamento nel bipolarismo? George Friedman dice che l’America è al punto più alto dell’odio di sé stessa e come quell’odio si trasformi in una nuova versione ideologica del più potente tormentato stato del pianeta che pochi conoscono davvero. Questa è la tragica caratteristica di questo “mondo nel mondo” che ha regole e percorsi mentali unici e diversi.

Gli Stati Uniti dopo la guerra civile ebbero poi una seconda guerra civile latente causata dal regime di apartheid, poi quello per la liberazione dalla segregazione, quindi la rinascita economica grazie allo scatenamento industriale promosso dalla Seconda guerra mondiale e immediatamente dopo la Corea, il Vietnam, la guerra fredda che era caldissima, le Pantere Nere e i diritti civili, omicidi e stragi nelle scuole, la disintegrazione completa che però germoglia in continue novità e adesso gli Stati Uniti sono fortemente tentati dall’idea di una nuova guerra civile fra libertari di destra come marxisti come Billy Wharton e Stephania Chikenasky. Biden è rimasto spiazzato dalle punte di bipolarismo anomalo e con velenoso candore ha chiesto a Trump se per caso fosse diventato socialista. Di fatto il partito democratico si trova tagliato fuori da tutti i laboratori rivoluzionari che sono oggi prevalentemente conservatori. L’isolazionismo attrae molto di più dell’imperialismo.

Il Tax Payer vuole vendere in pace i suoi prodotti vuole viaggiare e fare soldi e fabbriche e avere una assicurazione medica che contempli costosi apparecchi per i denti dei figli, e dentiere futuristiche per i nonni. La crisi è solo all’inizio e gli americani ce l’hanno sempre con gli altrui americani perché nessun Paese è tanto antiamericano quanto gli Stati Uniti d’America. I russi sono i migliori analisti della crisi americana e soffiano su tutti i fuochi possibili e se ne vantano apertamente: “Se interferiamo con le elezioni americane? Certo che lo facciamo e lo faremo sempre. È un campo che conosciamo alla perfezione, meglio degli americani. E seguiteremo a fare tutto ciò che ci sembrerà necessario” ha detto lo stramiliardario russo Prigozhin, noto come “il cuoco di Putin” proprietario della più grande compagnia di catering russa, ma più che altro è il creatore e padrone dell’esercito privato chiamato “Wagner” che va a fare le guerre che lo Stato federale non potrebbe permettersi. Ecco, dunque, un quadro capovolto: il corpo degli Stati Uniti minato dalle sue malattie e infiammato dai potenti media russi in un paradossale rovesciamento delle tradizionali posizioni destra-sinistra.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.