L’Italia paga dal 2015 una multa di 125.000 euro per il mancato rispetto delle direttive europee da parte del Comune di Napoli e della Regione Campania. Se Napoli – come annunciato – si farà carico di una parte dei rifiuti di Roma sarà difficile capire dove finisce la tragedia e dove comincia la farsa. Il 4 agosto 2016 avevo scritto a Virginia Raggi una lettera, ricordando gli impegni assunti nel 2012 da Comune, Provincia e Regione per la gestione dei rifiuti, riportati in due decreti pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale. Nessuna risposta è arrivata dalla sindaca e nessun tentativo di dare attuazione ai decreti.

Anzi c’è stata una costante sottovalutazione della situazione critica di Roma, anche da parte di Governo e Regione. Il 15 dicembre 2018 l’allora ministro Sergio Costa aveva assicurato che “Non c’è un’emergenza rifiuti a Roma, ma uno stato di sofferenza che già da domani mattina dovrebbe trovare soluzione”. C’è una sola soluzione individuata e realizzata per coprire questa incredibile bugia? La raccolta differenziata a Roma non raggiunge il 45%, contro il 60% di Milano e di una città complessa come Venezia. Che cosa è più difficile a Roma rispetto a Milano e Venezia? I cittadini rispettano meno l’ambiente o gli amministratori sono meno capaci?

L’assenza di impianti adeguati è fonte di rendite speculative e di danni per la comunità. Ogni giorno partono da Roma almeno 160 tir da 24 tonnellate per trasportare in altre Regioni e all’estero oltre 3500 tonnellate di rifiuti. Tra il 2016 e il 2021 (Sindaca Raggi) l’emigrazione dei rifiuti da Roma è costata almeno 1 miliardo. Chi ha pagato e chi ci ha guadagnato? Roberto Gualtieri era collega di Sergio Costa nel Conte II. Come Ministro dell’Economia, e rappresentante di Roma in Parlamento, ha mai suggerito soluzioni adeguate per la gestione dei rifiuti di Roma, la trasparenza nella gestione e la riduzione dei costi a carico della popolazione romana? E ancora: il piano regionale dei rifiuti, approvato nell’agosto del 2020, dà molta enfasi all’economia circolare.

Per quanto riguarda Roma, riconosce le criticità e il deficit di impianti, ma non c’è una sola indicazione concreta. Eppure le norme nazionali prevedono che le Regioni, nell’ambito dei piani, individuino “la tipologia, il numero e la localizzazione di massima degli impianti più appropriati”. Perché la Regione non ha individuato i siti e gli impianti da realizzare nell’ottica dell’economia circolare? Per esempio quelli per il trattamento e il riuso dei rifiuti organici di Roma, visto che 245.000 tonnellate all’anno di questi rifiuti sono esportati con costi altissimi in altre Regioni italiane che li utilizzano per produrre biogas-biometano? Oppure quelli per la produzione e utilizzazione del combustibile solido secondario (Css), come previsto dalle direttive europee e dalle norme nazionali, che può essere impiegato per sostituire combustibili ad alte emissioni (pet-coke e carbone) nella produzione del cemento e dell’energia elettrica?

Roma “esporta” ogni anno almeno 1 milione di tonnellate di rifiuti che potrebbero essere trasformati in combustibili solidi secondari. La richiesta della Regione alla Sindaca di Roma di individuare una discarica – soluzione residuale ed eccezionale secondo le direttive europee – non è forse il riconoscimento del fallimento del ruolo della Regione come autorità di programmazione e gestione dei rifiuti nella direzione dell’economia circolare?