Il bello è che la maggioranza litiga senza neppure aver letto il testo. O forse proprio per questo. In realtà fino a ieri mattina sembrava tutto risolto, nuova legge elettorale per rinnovare il plenum del Consiglio superiore della magistratura, stop agli incarichi in magistratura per chi ha avuti incarichi politici. Tutti d’accordo, dai 5 Stelle alla Lega. Poi è arrivato quel guastafeste di Enrico Costa, avvocato, deputato e responsabile Giustizia di Azione che ha buttato tutto all’aria. “Scusate colleghi, siete sicuri di aver capito bene? Altro che stop, qui le porte girevoli sono ancora in movimento…”.

Da quello che è stato anticipato ma solo oralmente, i magistrati che hanno avuto incarichi amministrativi – ma non sono stati eletti – presso giunte, ministeri e regioni potranno, una volta concluso l’incarico, continuare a fare i magistrati. Sembrava fatta. E invece ieri è tornato tutto in alto mare. Tra l’altro, nel momento di massimo scontro tra politica e magistratura: il senatore Matteo Renzi ha denunciato penalmente i pubblici ministeri di Firenze che ne hanno chiesto il rinvio a giudizio per finanziamento illecito ai partiti nell’inchiesta Open. Avrebbero violato la Costituzione, l’articolo 68. Sicuramente sono stati messi in piazza 90 mila pagine di vita privata penalmente non rilevante del senatore e della sua famiglia. Oltre che una coincidenza speciale con alcune scelte politiche dell’ex premier e segretario del Pd.

Il Consiglio dei Ministri resta convocato per stamani alle 11. Solo allora la ministra Guardasigilli Marta Cartabia condividerà con la maggioranza il testo scritto e gli emendamenti del governo al ddl Bonafede che riforma il Csm per poi, una volta discussi e approvati, portarli in Commissione Giustizia alla Camera dove inizieranno ad essere votati la prossima settimana. Il Presidente Mattarella la scorsa settimana, giurando per la seconda volta sulla Costituzione, aveva indicato una serie di priorità al governo e al Parlamento. Non certo per un eccesso di funzione e di ruolo ma per disegnare quella che ha chiamato “l’Italia del futuro”. Ai primi posti delle emergenze c’è il dossier giustizia, la ferita che forse, come presidente del Csm, Mattarella ha più sofferto nel mandato appena concluso e che vorrebbe sanare il prima possibile in quello appena iniziato.

Tra le prime cose da fare per rendere nuovamente credibile e affidabile la magistratura è la riforma del Csm, del sistema elettorale con cui ogni quattro anni viene eletto il plenum e di tutta una serie di questioni, ad esempio l’incompatibilità per un magistrato che è entrato in politica di tornare ad indossare la toga. C’è fretta perché la consiliatura, una delle più disastrate e terremotate di sempre con le inchieste di Perugia, sta per terminare (settembre 2022) e già in aprile devono essere indette le elezioni dei giudici. L’obiettivo da tutti condiviso e auspicato è togliere il potere alle correnti di condizionare le elezioni e, di conseguenza, le numerose funzioni del plenum. Prima tra tutte le nomina di giudici e procuratori. I padroni di casa di inchieste e processi. Ora, ad esempio, il plenum deve eleggere il PG di Cassazione ( Salvi lascia il 10 luglio), il procuratore di Milano e di Palermo, due procure chiave.

Sono due i nodi divisivi della riforma: il sistema elettorale finalizzato a togliere potere alle correnti; i limiti per i magistrati che tentano la carriera politica e poi, una volta concluso il mandato o l’avventura, tornano ad indossare la toga. Le cosiddette “porte girevoli”. Sul primo punto, da sempre il più difficile sarebbe stato raggiunto un accordo di massima: esclusa l’ipotesi sorteggio per motivi costituzionali (Lega e Forza Italia restano convinti del contrario), la ministra ha ideato una sorta di Rosatellum applicato a palazzo dei Marescialli: un sistema maggioritario binominale (ne vengono eletti due per ogni collegio) con una correzione proporzionale per garantire seggi ai candidati fuori dalle correnti. Una mediazione che dovrebbe accontentare un po’ tutti, compresi gli stesi magistrati. Il problema è che per tenere in piedi questo sistema misto occorre aumentare il numero dei membri del plenum e portarlo da 27 a 30, con 20 togati e dieci laici. Alla faccia della spending review. Da valutare poi la reale efficacia nel limitare le intese dei gruppi organizzati nel selezionare le candidature. In una parola, il potere delle correnti.

Anche sulle “porte girevole” gli incontri della ministra con i vari gruppi erano sembrati giungere ad una sintesi. Mercoledì sera girava un certo ottimismo tra via Arenula e palazzo Chigi su un’approvazione veloce. In tempo per entrare in vigore per il nuovo Consiglio. Come chiesto da Mattarella. Solo che è arrivato Costa a spiegare che le porte in realtà restano girevoli. E che andavano cercate alla voce “esenzioni”. In pratica tutti i magistrati che accettano incarichi nelle varie amministrazioni, da ministro a viceministro, da consulente ad assessore passando per capodigabinetto, purché non sia un incarico elettivo, posso tornare ad indossare la toga una volta terminato l’incarico. “Si tratta di un incredibile buco normativo – ha spiegato Costa – che vale anche per i magistrati che si candidano ma non vengono eletti: anche loro, dopo la campagna elettorale potranno tornare al loro ufficio in procura o in tribunale”. Irricevibile. Così ieri pomeriggio anche 5Stelle e Lega hanno spiegato il loro No.

“A noi non va assolutamente bene che ci siano queste esenzioni, sono norme ad personam” ha detto Giulia Sarti, responsabile Giustizia per i 5 Stelle in Commissione. Quasi negli stessi minuti e con gli stessi argomenti si è fatta viva Giulia Bongiorno responsabile Giustizia della Lega. Poi è arrivato Tajani che per Forza Italia ha avvisato i ministri azzurri che stamani saranno seduti intorno al tavolo del governo: “Qui non si vota nulla se prima non ci danno un testo”. Sarà una lunga notte in via Arenula. Il punto è che Draghi ha promesso e qualcuno oggi dovrà fare un passo indietro.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.