In Italia ci sono uffici giudiziari senza un capo da quasi cinque anni. Non perché non ci siano candidati, anzi, quelli non mancano, ma perché il Consiglio superiore della magistratura è riuscito, non è chiaro in che modo, ad accumulare un arretrato senza precedenti nelle procedure di nomina dei dirigenti.

Il tribunale di Lecce, ufficio giudiziario che ha attualmente in carico procedimenti penali molto delicati nei confronti di magistrati accusati di aver preso tangenti per aggiustare dei processi, ad esempio, è senza il presidente dal 4 febbraio del 2019. Praticamente, da prima ancora che esplodesse il Palamaragate. In questi anni, per essere chiari, Luca Palamara, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, è stato rimosso dalla magistratura e ha chiuso il suo contenzioso con la Procura di Perugia, mentre il Csm non è riuscito a fare questa nomina. Nomina che non è stata neppure esaminata in Commissione per gli incarichi direttivi. Le vacanze, fra direttivi e semidirettivi, sarebbero tantissime. Una stima per difetto parla di 200 posti. Un numero enorme.

Sono senza un capo uffici giudiziari di primo piano, come il tribunale di Milano e quello di Bologna. E lo stesso dicasi per le Procure di Napoli, Firenze e Torino. Napoli, per chi non lo sapesse, è la Procura più grande d’Europa con oltre cento sostituti. Le Corti d’appello della Sicilia, tranne Palermo, sono tutte senza un capo, essendo vacanti i posti di procuratore generale di Messina, Catania e Caltanissetta. Essendo l’attuale consiliatura in carica da appena quattro mesi, nel mirino è finita la gestione di David Ermini (Pd) il quale, però, da quando ha terminato il mandato di vice presidente si è tenuto alla larga da fornire quanto meno una spiegazione sul punto. L’attuale Csm, che ha allora ereditato questo arretrato monstre, sta cercando di correre ai ripari. Un compito non semplice il Consiglio sta svolgendo lavorando a ritmo serrato, anche considerando che ogni settimana che passa, fisiologicamente vanno in pensione per raggiunti limiti di età dei procuratori e dei presidenti di tribunale e quindi si creano nuove scoperture che vanno a sommarsi a quelle già in essere.

Poi ci sono le centinaia di conferme quadriennali. Dopo quattro anni dall’assunzione dell’incarico direttivo o semi direttivo, il magistrato è soggetto a valutazione per la conferma. E sono altre pratiche da evadere. La prossima settimana, la presidente della Quinta commissione, quella che si occupa proprio delle nomine, la togata Maria Luisa Mazzola, ha convocato i lavori tutti i giorni, dal lunedì al giovedì compreso. Giovedì la convocazione è alle 8 del mattino, orario alquanto insolito per i ritmi della Capitale ma che è indicativo dell’impegno profuso.

Una riflessione è d’obbligo. Come potrà la Commissione bocciare dei magistrati che stanno reggendo da anni l’ufficio giudiziario a cui aspirano? Il tribunale di Milano è retto in sede vacante da un anno e mezzo, a detta di tutti in maniera egregia, da Fabio Roia, candidato a diventarne titolare. Come potrà giustificare il Csm una sua eventuale bocciatura dopo che lo ha tenuto tutto questo tempo in qualità di facente funzioni? Le pratiche degli incarichi direttivi sono ad alto rischio di contenzioso amministrativo. Non si tratta della semplice autorizzazione per tenere una lezione all’università. Vanno analizzati i curricula dei vari aspiranti, con pareri di centinaia di pagine dove sintetizzare l’attività svolta in decenni di carriera.

La scelta non è mai facile. Emblematico il caso della Procura di Torino, composta da sei procuratori aggiunti, due procuratori delegati europei, 56 sostituti e ben 62 vice procuratori onorari.

Per il posto di procuratore le domande inizialmente erano una decina e tutte di magistrati dalle eccellenti qualità professionali: oltre all’attuale facente funzione, Enrica Gabetta, hanno fatto domanda gli aggiunti Patrizia Caputo, Marco Gianoglio e Cesare Parodi. Poi ci sono gli esterni: il procuratore di Cuneo, Onelio Dodero, quello di Bologna, Giuseppe Amato, quello di Alessandria Enrico Cieri, quello di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri. Inoltre, Paolo Guido, procuratore aggiunto di Palermo, Luca Tescaroli, procuratore aggiunto di Firenze, Maurizio Romanelli e Alessandra Dolci, entrambi aggiunti a Milano. Un bel grattacapo per Pinelli che dovrà far ricorso alla sua proverbiale efficienza veneta.

Paolo Pandolfini

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