«Il governo governa, i partiti dibattono in Parlamento», ebbe a dire il premier Draghi nella conferenza stampa dopo la pausa agostana. Una frase destinata ad accompagnarci nei prossimi mesi e a far sciogliere come neve al sole molte delle polemiche che, per lo più strumentali e viziate dalla propaganda, occupano la scena politica. Quella sul green pass e il suo utilizzo allargato, ad esempio: giovedì il governo farà quello che deve e che ha promesso da giorni e in Consiglio dei ministri porterà il Supergreen pass, l’obbligo del certificato verde per i dipendenti pubblici e anche nel settore privato. Passaggio quest’ultimo più difficile per via di alcune questioni tecnico-giuridiche ancora in via di soluzione ma in ogni caso destinato ad essere completato nei prossimi giorni.

Oltre la lotta alla pandemia – che è il primo target sul suo mandato – il governo Draghi giovedì riprende per mano anche il percorso del Pnrr e dei 51 target – tra deleghe e riforme – che deve portare a termine entro il 31 dicembre di quest’anno. È trapelato che sempre giovedì Draghi dovrebbe portare in Cdm anche la tanto attesa delega fiscale. Rinviata da luglio insieme al decreto sulla Concorrenza, sono con Giustizia e Semplificazioni i quattro pilastri intorno a cui ruota il cronoprogramma del Pnrr di questi primi sei mesi. Per essere chiari, se non “colpiamo” i 51 target, non arrivano i soldi. Un primo assegno da 25 miliardi è già stato staccato nei primi giorni di agosto. È il valore di una finanziaria. Entro la fine dell’anno ne devono arrivare circa il doppio. Sempre che sapremo dimostrare di essere affidabili e puntuali. Un lavoro duro e complicato. Perdere tempo è un lusso che non ci possiamo permettere.

L’hanno capito anche i parlamentari della Lega dopo che governatori e ministri hanno richiamato all’ordine il Capitano Salvini e il gruppo di no vax e no pass – che poi guarda caso coincidono con i no euro – che la scorsa settimana hanno fatto storcere il naso alla base del loro partito. Non è stato bello, soprattutto è stato illogico e chiaramente strumentale, vedere la Lega ritirare gli emendamenti no pass al primo decreto sulla certificazione verde (sono già tre quelli approvati e giovedì arriverà il quarto) e poi andare a votare quelli simili di Fratelli d’Italia. Il risultato è che dalla parti della Lega, partito di governo, il certificato verde anche nella sua formulazione più allargata, non sembra essere più un problema. Al Senato, dove si sta discutendo il Green Pass/2, non ci sono emendamenti delle forze di maggioranza.

L’incontro Salvini-Daghi per discutere ancora della misura non è in calendario prima di giovedì e anzi sembra essere saltato. Salvini non ne parla quasi più e ha preferito cambiare argomento e target: il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. Al suo posto il ministro Giorgetti ha chiuso il dibattito interno sull’argomento: «Il Green Pass è utile perché dobbiamo essere prudenti ancora un po’ e seguire le regole per tornare il prima possibile alla libertà vera. Occorre estenderlo il più possibile in modo di non discriminare nessuno». Parole che suonano molto più di un via libera. Prima di lui si erano espressi con gli stessi argomenti tutti i governatori leghisti, da Sala a Fedriga passando per Zaia. Salvini è rimasto solo e nell’angolo. Una condizione che è meglio non sottolineare per una sorta di pax interna seriamente però minacciata dai colpi di testa di Salvini che cerca così di tenere a bada Meloni. La quale è no pass, no vax, no tutto quello che dice o fa il governo.

Domani quindi il governo dovrebbe presentare un nuovo decreto che prevede l’estensione del certificato verde a tutti i lavoratori del pubblico e delle partecipate dello Stato ma anche organi costituzionali e tribunali. In programma anche l’estensione del green pass al settore privato. «Dobbiamo dare certezze alle imprese di non dover chiudere di nuovo» ha ribadito il ministro allo Sviluppo economico e vicesegretario della Lega. Sulla delega fiscale non ci sono certezze sui tempi. Fonti di governo vicino al dossier ieri sera intorno alle 19 – frenando un po’ rispetto alla mattina – ritenevano “poco probabile” la presentazione della delega fiscale domani. “Arriverà a giorni” hanno detto. Ci sono questioni che ancora dividono la maggioranza. Altre su cui c’è intesa delle forze politiche: abbassare le tasse sul ceto medio, cancellare l’Irap e lasciare solo l’Ires. Al momento è disponibile un tesoretto di tre miliardi. Saranno usati per tagliare le tasse o rifinanziare Reddito e Quota 100?

Il Consiglio dei ministri di giovedì sarà preceduto con ogni probabilità da una cabina di regia. Le riunioni tecniche di queste ore seguono una via che pare tracciata. L’estensione si farà, in uno o al massimo due step, uno per il pubblico, l’altro per il privato. L’obbligo partirà dalla metà di ottobre per dare il tempo a chi non ha fatto ancora la prima dose di vaccinarsi. Il lavoro tecnico a Palazzo Chigi del sottosegretario Roberto Garofoli con i ministeri competenti è ancora in corso. Ci saranno sanzioni severe, pecuniarie e amministrative, per chi non ha il pass. Giovedì in Cdm dovrebbe essere istituito anche il fondo per indennizzare da eventuali e dimostrati danni.

Quanto al pubblico, il perimetro sarà ampio e andrà oltre i 1,2 milioni di dipendenti della Pa finora stimati perché saranno inclusi anche enti pubblici (tranne quelli economici) e le società partecipate come le Poste. Sulle sanzioni la parola d’ordine è severità. Il modello dovrebbe essere lo stesso della scuola: multe dai 400 ai 1000 euro e la sospensione della prestazione lavorativa – e quindi dello stipendio – dopo cinque giorni di ingresso al lavoro senza il Pass. Del resto, come ha detto Giorgetti, «stare al governo vuol dire assumersi responsabilità».

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.