Un amico più saggio e più vecchio di me mi dice: “Ma cosa gliene frega a Nordio, a 75 anni, di mantenere il potere? Arrivato a quell’età potrebbe permettersi di affermare le sue idee anche a costo di sparigliare tutto…”. E in effetti, lo spettacolo del Guardasigilli che doveva “riformare radicalmente e in senso garantista” la giustizia, è alquanto desolante. Totalmente subordinato (ma a chi poi?) sta facendo emergere prepotentemente un “garantismo” da pensiero debole, parolaio e buono forse per scriverci qualche saggio. Un garantismo da salotto insomma.

La vicenda del 41bis, esplosa grazie allo sciopero della fame del detenuto anarchico Alfredo Cospito, meriterebbe almeno il coraggio di un dibattito vero. Matteo Messina Denaro è tra l’altro la dimostrazione vivente (ancora), che nonostante siano stati “impermeabilizzati” (termine di raro sadismo ) gli altri boss detenuti suoi sodali, uno di quel calibro può stare in latitanza e a casa propria per trent’anni, coltivando business milionari e curandosi gli acciacchi nelle migliori cliniche. Le indicazioni su come non essere preso e su dove investire i soldi della mafia, non gli venivano da dentro il carcere, ma da fuori. Un “fuori”, semmai qualcuno avesse il coraggio, anche qui, di ragionare attorno alla forma-stato da un lato e alla natura del mercato finanziarizzato dall’altro, che c’entra poco con le coppole, le lupare e le cupole.
Ma ragionare di “deep state” come fenomeno in visibile ascesa in tutte le democrazie liberali in crisi, sembra eresia.

Collocare in questa “indicibile” storia, che va da Portella della Ginestra, allo stragismo e Gladio, l’utilizzo di questa o quella “manovalanza” terroristico criminale come costante del “lato oscuro della forza” dello Stato, non si può. Si possono discutere le teorie di trattative fatte attraverso la trasmissione di Giletti o quelle di più alto lignaggio con il bacio tra Andreotti e Riina, oppure ci si può dedicare alle analisi sociologiche sui siciliani del trapanese, anomalia antropologica incline al crimine organizzato. O alla collezione di RayBan del boss. Ragionare invece sullo Stato e sulla sua natura quando si parla di queste cose, è “disfattismo”.

E Nordio, che doveva essere l’alfiere di una compagine di liberali che uscivano dal solco manettaro proprio sia della destra forcaiola che della sinistra giustizialista, è ammutolito subito. Altro che “battaglia di civiltà” sulle intercettazioni. Nemmeno l’orrore, segnalato finanche dalla Corte Europea, di una forma di tortura che prevede la deprivazione psico fisica del detenuto, che gli nega anche in prossimità della morte di poter abbracciare i propri familiari per l’ultima volta, di appendere un quadro nella cella 2×2 dove è rinchiuso per 22 ore al giorno solo con luce artificiale, di poter leggere libri, di poter scrivere, si riesce in questo paese ad affrontare con obiettività. Lo stato di diritto, l’articolo 27 della Costituzione, i diritti umani, sono carta straccia da decenni. Certo, ci sarà chi dirà che i gravissimi reati di cui si sono macchiati i reclusi, stragi, omicidi efferati e quant’altro, sono un buon motivo per torturarli per trenta, quaranta anni. Ma allora lo devono dire: vogliamo cambiare la Costituzione, vogliamo ammettere la tortura come punizione, o come mezzo coercitivo per farli collaborare.

Questa discussione sarebbe più onesta, come lo è stata quella negli USA dopo l’11 settembre del 2001, che ha portato all’istituzione di quella vergogna che è Guantanamo. Ma il dibattito oltreoceano, nella “più grande democrazia del mondo”, è stato più coraggioso! Diranno altri: ma quale tortura, li “impermeabilizziamo” per impedire che comandino da dentro il carcere le loro organizzazioni criminali, che continuano ad operare nonostante l’arresto dei capi. A parte che per rispondere a queste argomentazioni, non si capisce che cosa c’entri non poter cucinare in cella o attaccare un quadro a quella che sarà una tomba di cemento per il resto della vita, oppure leggere un libro, o avere solo 2 ore di aria al giorno per decenni, ma anche se ci concentrassimo sull’esigenza per motivi di sicurezza di impedire comunicazioni pericolose con l’esterno, questo è l’unico modo? Nella società ipertecnologica da “Grande Fratello” in cui viviamo? Ma non era “solo il diritto vince sul delitto”, per ricordare ciò che ebbe a dichiarare Giuseppe Ayala all’indomani della storica sentenza contro Cosa Nostra? Il combinato disposto di 41bis ed “ergastolo ostativo” è qualche cosa di terribile. “Fine pena mai”, cioè la morte da vivi, e in più in quelle condizioni.

Il delitto che ha completamente annichilito il diritto. Nordio, il “garantista”, sta zitto perché da ex magistrato che di galera ne ha fatta fare tanta a tanta gente, sa benissimo a cosa serve il carcere se è utilizzato come forma di tortura: punizione, coercizione, deterrente. E’ stato anche il metodo della “rivoluzione dall’alto” di Tangentopoli: carcere preventivo, gogna mediatica, isolamento, finché non parli. Con il “Qatargate”, abbiamo avuto un altro esempio di come il metodo italiano abbia fatto scuola anche in Europa: una donna, non importa se ex vicepresidente del Parlamento Europeo, ma prima di tutto un essere umano, detenuta, alla quale è stato impedito per giorni di lavarsi nonostante avesse chiesto di poterlo fare anche in ragione del ciclo mestruale.

Per settimane le è stato impedito di sapere della figlia, di 22 mesi, e di vederla, perché non “confessava”. Panzeri, l’altro imputato, per salvare la moglie e la figlia dal carcere, ha invece ottenuto un accordo: in cambio della chiamata in correo di altri “illustri” personaggi, moglie e figlia non sarebbero state rinchiuse in una galera belga. Ha “confessato tutto”. Un bello spaccato del “diritto che vince sul delitto”. Forse è sull’Inquisizione e non su Montesquieu, che si sono formati questi giudici. Nordio sa bene cosa sono le carceri in Italia e come sono utilizzate, di chi sono riempite. Non certo di persone potenti e ricche come nel caso degli eurodeputati accusati di corruzione. Ma se questo accade a gente come loro, i poveri e sconosciuti che ci finiscono dentro, che fine fanno? Provate a chiederlo ai familiari degli 84 che si sono suicidati in cella nel 2022. O ai figli, alle mogli, alle madri dei torturati a Ferrara, San Gimignano, Torino, Palermo, Milano, Melfi, Santa Maria Capua Vetere, Pavia, Monza. E riporto solo i casi per i quali è già aperto un procedimento penale.

E allora, signor Ministro garantista, vuole farci credere che uno che non riesce nemmeno a mettere in discussione, mentre un detenuto si sta lasciando morire per protesta, una cosa perlomeno controversa come il 41bis, saprà riformare questa giustizia? Lei, che nel suo saggio Giustizia scrive che “l’attitudine rieducativa della pena, mai contraria al principio di umanità, coronerebbe l’ideale cristiano, della redenzione dopo l’espiazione”, è lo stesso che in questi giorni ha saputo solo balbettare “signorsì” di fronte alla messinscena “dello Stato attaccato al cuore e in pericolo” e dunque richiuso a riccio nella perenne emergenza che giustifica le leggi speciali in deroga alla Costituzione? Lo ammetto, mi ero anche un po’ illuso che uno come Nordio, alla sua venerabile età, e dopo averne fatte e viste tante, si concedesse davvero il privilegio di essere libero. Mi ero, ancora una volta, sbagliato.