Ricordate come funzionava ai tempi della scuola? Si restava col fiato sospeso fino alla pubblicazione dei quadri. Per una promozione si esultava, mentre ci si abbandonava alla disperazione in caso di bocciatura. Sembra un paradosso, ma ai tempi del Covid accade l’opposto. Almeno nel caso di Vincenzo De Luca, forse l’unico a non esultare per il mancato inserimento della “sua” Campania tra le regioni a rischio epidemiologico intermedio o elevato e, quindi, soggette a restrizioni più pesanti.

Il governatore non si è lasciato prendere dall’entusiasmo di fronte a una decisione che, di fatto, promuove la gestione dell’emergenza da parte di Palazzo Santa Lucia. «Sarebbe fuori luogo ogni atteggiamento di autoconsolazione e di rilassamento», ha ammonito il presidente della Campania ieri pomeriggio. A ben vedere, però, il fatto che De Luca non canti vittoria non meraviglia. L’inserimento della Campania tra le regioni “gialle” – e non tra quelle arancioni o rosse – costringe il governatore a dare seguito alle dichiarazioni apocalittiche delle ultime settimane e, dunque, a farsi carico dell’impopolarità di eventuali misure più restrittive di quelle previste dall’ultimo dpcm firmato dal premier Conte. Due settimane fa, infatti, De Luca ha descritto la Campania come «a un passo dalla tragedia» evidenziando la necessità di un lockdown nazionale. Ieri pomeriggio il presidente ha definito «pesante» la situazione sanitaria nella regione.

Logica vorrebbe che queste parole fossero seguite da provvedimenti più rigorosi rispetto a quelli emanati dal governo Conte per le regioni a rischio epidemiologico moderato. Al momento De Luca si è limitato a confermare la chiusura totale delle scuole, salvo poi invitare i sindaci a chiudere centri storici e lungomare per evitare che, durante il weekend, migliaia di persone si riversino in strada. Insomma, la sensazione è che il governatore sia rimasto col cerino in mano e, in qualche modo, voglia scaricare ora sul premier ora sui primi cittadini il peso delle decisioni che dovrebbe assumere.

Ma c’è anche un altro aspetto che impedisce a De Luca di gioire. È forte, infatti, il timore che i ristori previsti dal governo Conte siano dirottati principalmente verso le regioni “rosse” o “arancioni”, per le quali da oggi scatta un lockdown completo o semi-completo. Ciò impedisce di fare salti di gioia al governatore che ha più volte lamentato l’esiguità delle risorse trasferite alla Campania nell’ambito del riparto del Fondo nazionale per la sanità, senza dimenticare i ritardi della Protezione Civile nella consegna di dispositivi di sicurezza e apprecchiature sanitarie. A ciò si aggiungono i bonus per le baby sitter, i congedi parentali e la proroga dei termini ordinari per i versamenti dell’Iva che finora De Luca ha chiesto invano.

La situazione, dunque, è alquanto caotica. E la confusione rischia di aumentare qualora uno o più governatori dovessero adottare misure diverse rispetto a quelle previste dall’ultimo dpcm firmato da Giuseppe Conte. In questo caso, al paradosso campano si aggiungerebbe un paradosso nazionale ancora più evidente: Regioni e Governo finirebbero per adottare misure di diverso contenuto e di diversa intensità sulla base di indicatori numerici che, almeno nelle intenzioni di chi li ha introdotti, dovrebbero avere carattere oggettivo e garantire provvedimenti proporzionati e omogenei su tutto il territorio nazionale. Così non sarà e non ci sarà da gioire. Non solo per De Luca, ma per tutti gli italiani.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.