Verso il Conclave
Il Pontificato di Papa Francesco: c’è chi confonde le riforme con le rivoluzioni

La Chiesa è immersa nella società, ne fa parte, e in tante occasioni ne è stata lo scheletro. Riguardo gli ultimi, gli emarginati, spesso la Chiesa non è solo arrivata per prima, ma è arrivata da sola, mettendo in evidenza l’inerzia delle istituzioni dello Stato. Della società riflette quindi le sfumature e, sia pur con i suoi tempi e i suoi modi, ne interpreta tendenze e nuove sensibilità, di epoca in epoca. Questo è avvenuto tanto nei secoli bui quanto più recentemente, e ora lo stesso si ripete anche nell’era della comunicazione di massa. A Papa Francesco si deve riconoscere lo straordinario merito di essersi molto impegnato in questo, per quanto ha caparbiamente, e in buona parte anche efficacemente, rappresentato l’idea che interpretare con coerenza il tempo in cui si vive è indispensabile, anzi vitale, per chiunque. Quindi anche per un Papa e la sua Chiesa. C’è chi ritiene che Bergoglio non abbia fatto abbastanza, ma credo che questo giudizio si debba a una visione semplicistica del progresso, che tradizionalmente confonde le riforme con le rivoluzioni.
Quel che troppe volte sfugge è che chi è chiamato a riformare un’istituzione, quale essa sia, si trova di fronte non solo il delicato compito dell’innovazione ma anche quello della conservazione: due operazioni che richiedono equilibrio e anche particolare pazienza. Questi tentativi si traducono, di conseguenza, in tempi molto lunghi e che possono apparire frustranti a chi attende che le cose cambino, ma che nella loro durata trovano anche il loro senso. Se è vero, come si dice, che una Chiesa che sposi la propria epoca correrebbe il rischio di restare vedova in quella successiva, si può concludere che Francesco sia stato prudente, perché il suo cambiamento è stato proposto più come un metodo che come un compito da completare. E in quel metodo credo si possano leggere i segnali chiari dell’avanzata lenta ma incessante dei diritti che tanto ci è cara, e dobbiamo riconoscere che la spinta riformatrice di Francesco è consistita nel concedere le vele proprio a quel vento salubre che deve garantire dignità alla donna, protezione ai bambini e libertà a chiunque. Un adeguamento all’epoca che nulla toglie alla conservazione dell’identità della Chiesa.
A dimostrazione dei tempi lunghissimi, quasi snervanti, che questi processi richiedono, dobbiamo chiarire che stiamo parlando di qualcosa che viene da lontano: di una brezza che già si intercettava nei tratti simbolici del forte culto mariano di Wojtyla e che poi nel pontificato di Bergoglio ha trovato espressioni più schiette e concrete, come ad esempio la nomina di Suor Simona Brambilla, prima donna alla guida di un Dicastero nella storia del Vaticano.
Si fa presto, osservando la Chiesa, a evidenziarne contraddizioni, storture anche gravissime e ritardi. Si fa presto ed è molto semplice. E non per questo intendo dire che bisognerebbe tacerne, anzi. Ma nel momento in cui questa millenaria istituzione si appresta a rinnovarsi nel suo vertice, è importante anche dire che molte cose che abbiamo visto ci sono piaciute. Ed è il caso anche di augurarci che a chi toccherà non mancheranno il coraggio e la forza di proseguire.
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