In un bell’articolo pubblicato l’altro giorno sul Fatto, Marco Travaglio ci ha fornito una spiegazione chiarissima di cosa lui ritenga sia la politica moderna. La politica moderna – dice – è il sondaggio. Lì inizia e lì si conclude. I partiti che non la seguono sono da buttar via, legati a concetti antichi ed estremisti, e cioè alla fissazione che la politica sia qualcosa costruito sulle idee e persino sul pensiero.

Dice Travaglio (sintetizzo senza modificare la sostanza): meno del 4 per cento degli italiani, secondo i sondaggi, si oppongono al 41 bis mentre circa il 70 per cento è favorevole a togliere la pensione all’ex senatore D’Alì che è stato messo in prigione, anche se è stato messo in prigione per un reato non contemplato dal codice penale (questa osservazione sul codice penale non è di Travaglio: è una mia nota). Benissimo: allora -dice Travaglio – mi spiegate perché il Pd invece di fare una battaglia per togliere la pensione a un signore di 71 anni si preoccupa di sospendere il carcere duro per un anarchico?

Non c’è cattiveria nell’analisi di Travaglio, non c’è astio. C’è stupore per il comportamento dissennato di chi sceglie le sue battaglie sulla base di idee precostituite e non non sulla scelta di rivolgersi al bacino più grande possibile di elettori. Dice Travaglio: queste cifre stanno lì a dimostrare che il Pd è lontanissimo dal paese reale. La domanda se sia giusto adoperare la tortura come mezzo di organizzazione della giustizia, secondo Travaglio, avrebbe un senso soltanto se fosse una domanda gradita a una maggioranza, o almeno a una significativa minoranza di elettori. Ma se si tratta solo di una domanda che nasce esclusivamente da una visione politica di ispirazione liberale è una domanda insensata. Anzi: è prova di un tradimento. Dimostra come un partito abbia voltato le spalle ai suoi elettori.

La stessa cosa vale per la pensione di D’Alì. È un principio da rispettare quello che stabilisce l’inviolabilità del diritto alla pensione? Nessun principio resta tale se entra in conflitto con un sondaggio. Un partito serio non si lascia chiudere nelle sue idee e nei suoi principi. È tenuto a seguire i principi della maggioranza, del senso comune. Anche quando – come diceva Manzoni – il senso comune litiga col buonsenso. Chiaro? A me sembra chiarissimo. Quello di Travaglio è un manuale sintetico ma completo di populismo. E la verità vera è che a seguire questo manuale non ci sono sono i 5 Stelle di Travaglio, ma quasi tutti i partiti presenti in Parlamento. La politica è messa all’indice. Proibita. E questa, credo, è una delle ragioni del decadimento civile di questo paese.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.