Non è stata una bellissima pagina di politica quella che è stata scritta ieri a Varsavia. Poco dopo l’ora di pranzo, di fronte al presidente Duda, Morawiecki ha giurato come nuovo primo ministro della Polonia insieme ai ministri del governo: un “governo dei licenziamenti”, come ironicamente lo hanno definito dall’opposizione alludendo al fatto che se entro due settimane Morawiecki non otterrà la maggioranza dei voti in Parlamento, dovrà “licenziarsi”, dimettersi per lasciare inevitabilmente il passo a Donald Tusk, il leader dell’opposizione che sta scaldando i motori.

All’origine di tutto questo, la decisione del presidente Duda, espressione del PiS, lo stesso partito del primo ministro, di riconfermare Morawiecki nonostante le sue probabilità di formare un governo siano prossime allo zero. Secondo alcuni commentatori, questa scelta è dettata dalla speranza di trovare nelle prossime due settimane deputati dell’opposizione da convincere con promesse di ruoli di governo e di sotto-governo, secondo altri è invece solo l’antipasto di una tattica che il PiS metterà in atto nei prossimi mesi, specie se Tusk dovesse lui diventare premier, di lento logoramento del nuovo governo e di messa in atto di crescenti ostacoli alla sua azione. Del resto, il presidente della Repubblica, eletto direttamente dal popolo, detiene notevoli poteri nella costituzione polacca: primo tra tutti, il diritto di veto su qualunque iniziativa legislativa, per superare la quale serve una maggioranza di tre quinti che l’attuale opposizione non ha.

Da un lato, le aspettative degli elettori dei partiti di opposizione sono alte: un nuovo e migliore rapporto con Bruxelles, la cancellazione delle leggi che hanno limitato l’autonomia della magistratura e la libertà di stampa, interventi legislativi sull’aborto (oggi la Polonia è lo stato in Europa con leggi più restrittive al riguardo) e sui diritti LGBTQ+, temi spinosi su cui la stessa opposizione ha al proprio interno idee diverse. Dall’altro, il potere di veto del Presidente e le divisioni che già oggi emergono tra i partiti di opposizione rischiano di lasciare davvero poco spazio di manovra a Donald Tusk. Ed è per questo che Duda lo aspetta al varco, ben sapendo che il tempo logorerà anche lui, esattamente come, a parti inverse, rischia di accadere a Wilders in Olanda.

Giornalista, genovese di nascita e toscano di adozione, romano dai tempi del referendum costituzionale del 2016, fondatore e poi a lungo direttore di Gay.it, è esperto di digitale e social media. È stato anche responsabile della comunicazione digitale del Partito Democratico e di Italia Viva