Altro che piano Marshall per le liste d’attesa chirurgiche. Franco Corcione, direttore di un prestigioso dipartimento di chirurgia nel Policlinico Federico II, da addetto ai lavori invita alla calma. Ma è ottimista: in un anno e mezzo si può tornare alla normalità annullando i tempi morti tra la richiesta del cittadino che chiede di essere operato e il giorno in cui entra nel blocco chirurgico. «Sono nato nel Policlinico, poi lavorando per anni al Monaldi sono riuscito a organizzare corsi di chirurgia laparoscopica prima di tornare nella mia vecchia casa come direttore di un dipartimento universitario di chirurgia. Da presidente della società italiana di chirurgia – spiega il professore – ho valutato in prospettiva nazionale le liste d’attesa. Sono presenti ovunque. Purtroppo, nel 90 per cento dei casi, sono provocate da carenze organizzative. Parliamo di una linea guida del Veneto che per una divisione di chirurgia generale prevedeva che ogni specialista garantisse almeno 150 interventi l’anno. Previsione irrealizzabile in un reparto che ha dieci chirurghi ma accede in sala operatoria solo per tre giorni a settimana». Tra il Veneto e la Campania l’organizzazione sanitaria sembra camminare in maniera differente. E, da queste parti, le attese sono spesso interminabili.

«Parlo di organizzazione perché questo problema deve essere affrontato e risolto a livello regionale con un’organizzazione completa a tutti i livelli – aggiunge Corcione – Ci sono strutture in cui le sale operatorie lavorano solo per alcune ore al giorno, ospedali dove, nonostante siano presenti chirurghi e infermieri, mancano gli anestesisti. Abbiamo strutture in cui il blocco operatorio è a disposizione di più specialità rendendo obbligatoria la turnazione. In Campania serve un’organizzazione che definirei “centralizzata” dove la Regione, individuato un pool di specialisti che lavorano bene ma che non hanno sempre una sala operatoria a disposizione, li trasferisce dove invece possono lavorare a pieno regime». Forte della sua lunga esperienza in sala operatoria, Corcione considera possibile la soluzione del problema liste d’attesa in un anno e mezzo.

«Il Coronavirus purtroppo – spiega il docente – ha bloccato per mesi l’attività chirurgica ordinaria. Ho diversi pazienti prenotati da sei mesi per interventi alla colecisti, i sei mesi sono diventati nove e saranno fortunati se saranno operati dopo un anno. Per uscire da questo tunnel ci si deve muovere con più mosse. Cambiando l’organizzazione e quindi dotando le divisioni di chirurgia del personale necessario. Parlo di chirurghi, anestesisti, ferristi, infermieri, barellieri. Oggi, confermando il canale privilegiato per gli oncologici, va data precedenza ai pazienti clinicamente più gravi e pericolosi. Muovendosi così in un anno e mezzo si possono eliminare le liste d’attesa, problema non risolvibile nell’immediato». Ma il passo decisivo è un altro. Richiede scelte politiche coraggiose e finanziamenti adeguati.

«Abbiamo centrato un primo obiettivo ottenendo l’annullamento del commissariamento della sanità in Campania – ricorda Corcione – Questo ci consentirà di recuperare gradualmente buona parte del personale che negli anni ha lasciato le nostre strutture sanitarie. Strasburgo da quattro anni ha il Policlinico più bello d’Europa, in Giappone ospedali antichi o moderni, come quello degli Incurabili, il Policlinico federiciano o lo stesso Cardarelli, sarebbero stati abbattuti o riconvertiti ad altre funzioni per sostituirli con strutture monoblocco. Parlavo di Strasburgo. Bene, lì hanno demolito tre vecchi edifici realizzando al loro posto una struttura monoblocco, costata 320 milioni di euro e inaugurata quattro anni fa, dove il paziente non è costretto a trasferirsi in ambulanza da un padiglione all’altro per un accertamento diagnostico. A Strasburgo il blocco operatorio è completato da una Tac utilizzata durante le operazioni per essere certi della buona riuscita di un intervento complesso». Un anno e mezzo per tornare alla normalità in sala operatoria, a Corcione non piacciono i restyiling. «Può essere bella e ben stirata, ma una camicia vecchia rimane tale. Condivido l’idea del governatore De Luca di costruire l’ospedale San Paolo con un monoblocco che si affianchi al Cardarelli, all’Ospedale del Mare e a strutture di eccellenza come il Monaldi. L’importante è cominciare».