L’Assessore che ha sconfitto il Covid. Così a Roma e nel Lazio chiamano Alessio D’Amato, uomo di sinistra che piace anche al centro. E un po’ a tutti, perché le matrici politico-culturali sfumano quando atterrano su quel terreno della prossimità e della concretezza che è l’amministrazione regionale. Sarà lui il candidato unitario del Pd, Azione, Italia Viva, Più Europa, Articolo 1, Psi, e di tre liste civiche che si stanno già organizzando. Cui forse si andranno ad aggiungere i Verdi di Angelo Bonelli.

Pragmatico, D’Amato, lo è da sempre: glielo riconoscono amici e nemici. Quelli che ha sono più all’interno dei salotti e delle segrete stanze della Capitale che tra la gente. Agli elettori sta simpatico, con quel suo fare semplice, da operaio della politica. Ai piani alti piace meno, e nel Pd si preparavano a fare un racconto che avevano già scritto: pensavano di dire che all’indomani dell’esperienza Zingaretti, in Regione c’era bisogno di un’apertura a nomi esterni, spalancando le porte al ritorno di Gasbarra. Una narrazione che hanno dovuto rimangiare in fretta e furia, dopo la batosta del 25 settembre e il nuovo peso di una sinistra più attenta al sociale, viva e presente. Un perimetro ideale per l’assessore alla Sanità, che nella vita è stato molto altro.

Perché viene da sinistra e guarda allo schieramento più ampio, e ha iniziato ieri un giro di incontri bilaterali con gli emissari dei partiti, così come indicatogli dalla direzione regionale del Pd del Lazio.Visto che abbiamo fatto una scelta, è giusto che il candidato presidente prenda un’iniziativa con le forze politiche della coalizione del centrosinistra e del campo largo per provare a costruire un’alleanza programmatica con i vertici nazionali”, aveva detto il segretario regionale Bruno Astorre. Alessio D’Amato ha iniziato la sua campagna elettorale con una anteprima, venendo al Riformista per annunciare il suo impegno.

D’Amato, c’è un ampio consenso, un sostegno trasversale nei suoi confronti…
Voglio essere il candidato di tutti, di tutto lo schieramento riformista, non sono né il candidato di Bonelli, né di Letta, né di Calenda. Vorrei essere il candidato unitario di uno schieramento che si candida a vincere.

Da uomo di sinistra.
Da persona impegnata sin da giovanissimo per dare un senso compiuto a una parola: emancipazione. Dei meno fortunati, dei più giovani, di chi ha meno tutele. Dalle nuove sofferenze a quella marea di precari sfruttati e sottopagati, dalle madri sole agli anziani dimenticati, la nostra società è ricca di povertà. Che poi diventano anche educative, dando evidenza a quanto sia tristemente bloccato l’ascensore sociale.

Lei vuole riparare l’ascensore?
Se serve, faccio l’operaio della politica. Metafore a parte, andiamo a monte, cerchiamo di riscoprire il valore del fare politica, di tirarci su le maniche per aiutare gli altri. Si parla troppo di politici e troppo poco di politiche. Cioè di cose serie da fare con urgenza.

Cosa l’ha colpita, o addirittura cambiata, con l’esperienza amministrativa di questi anni?
Sono stati anni intensi, chi si aspettava di affrontare la più grande emergenza sanitaria di questo secolo? Pensiamo di aver fatto bene: il Lazio è stato un modello riconosciuto anche a livello europeo, consegniamo una regione più forte anche grazie alla giunta di Zingaretti. Cosa mi ha colpito? Torno sugli ultimi: lei non ha idea di quante persone nel Lazio e qui, nel cuore di Roma, oggi non hanno i soldi per curarsi. O per comprare le medicine.

Quando Zingaretti ha iniziato il “doppio lavoro”, con la Regione e la segreteria nazionale Pd, lei è rimasto in prima fila con l’emergenza.
Sì, ma Zingaretti c’è sempre stato. La sua è una guida autorevole, ha rivestito un grande ruolo.

Ce la farà a tenere insieme tutti quelli che si oppongono al centrodestra? Si vota a turno unico.
Sì, bisogna costruire un perimetro della coalizione il più ampio possibile, in questo voglio mettere tutto il mio impegno, è importante proseguire questa esperienza rinnovandola, soprattutto rendendo il Lazio una regione che sia il centro produttivo del nostro Paese. Penso anche ad eventi come il Giubileo, alla candidatura dell’Expo, eventi importanti che devono trovarci preparati.

Si dice sempre: la priorità è il lavoro. Poi ci si perde. Cosa farebbe, concretamente, D’Amato?
Non è retorica, il lavoro è alla base di tutto. Torno su quel concetto: emancipazione, parola importante nel lessico della sinistra che vuol dire riaprire prospettive, permettere ai figli di avere le stesse opportunità dei genitori. Il Lazio, che ha gli stessi abitanti della Danimarca, deve essere un motore, dove in alcuni settori, come il digitale, le scienze della vita – pensiamo alle nanotecnologie, l’export del farmaceutico (oltre il 38%) – sono settori forti della nostra economia che vanno assolutamente valorizzati.

Ci sono anche esigenze come la pulizia delle strade, la realizzazione del termovalorizzatore. Ci dica con chiarezza se è per farlo o per non farlo.
Sul termovalorizzatore si sono dette moltissime cose, e voglio essere chiaro. È un tema che esula il programma del governo regionale perché si tratta di una questione che è già stata decisa. C’è un commissario, che è il sindaco Gualtieri. C’è già un progetto. Noi dobbiamo aiutare il sindaco ad attuare questo piano. Da parte mia, ci sarà il sostegno a una iniziativa che ha come scopo quello di far ripartire questa città. Perché se Roma riparte, riparte l’intera regione e anche l’intero Paese.

Altro tema caldo, è il caso dire: il climate change. Cosa può fare la Regione Lazio?
Diciamo che già c’è un programma energetico verde che prevede la semplificazione di tutte le procedure burocratiche amministrative. Bisogna espandere le aree verdi del nostro Appennino, penso ad in-vestimenti per piantare oltre 6milioni di alberi sul nostro territorio. Una regione che deve puntare sul-le energie alternative e quindi no alle scorie nucleari e no al nucleare.

Anche i Verdi si uniscono alla coalizione. Perché i Cinque Stelle sono ancora così restii?
Devono decidere quale partita giocare. Mi sembra talvolta che la loro strategia non sia vincere le elezioni, partecipando alla coalizione vincente, ma provare a fiaccare il Pd, di cui ambiscono a rappresentare almeno una parte dell’elettorato. Così però si fa il gioco della destra. Si lavora per loro. Anche se non prevarranno.

Del centrodestra di governo cosa la colpisce e direi delude di più?
Stanno utilizzando delle armi di distrazione di massa. I cittadini vivono un problema concreto tutti i giorni con questa tassa silenziosa, l’inflazione. Una tassa che finiscono per soffrire di più i meno abbienti, che la Regione deve aiutare più da vicino: il caro vita è un problema molto serio per tutti. Ho la sensazione che al governo non sappiano che pesci prendere. E allora guardano il mare, parlano di invasione di immigrati, soffiano sul vento delle paure. Una società impaurita, smarrita, si domina meglio.

E dal governo danno voce ai suoi nemici giurati, i no-vax…
Una storia ancora da capire nella profondità del fenomeno. Una componente ultaminoritaria in questo paese che ha però una grande risonanza in questo governo. Pensiamo alle recenti dichiarazioni del sottosegretario alla salute. Scandalose. E vogliamo questi improvvisati anche al governo della Regione? No, non scherziamo. Ai cittadini non si deve levare neanche uno dei diritti acquisiti.

Avatar photo

Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.