Luca Di Donna rimane l’uomo del mistero: coabita con Giuseppe Conte come un’ombra. C’è, ma appena si accendono i fari, scompare. La targa con il suo nome è incollata sulla porta dello studio di Giuseppe Conte, dove da giorni ripetono una formula da legulei: “lo studio è di proprietà di una società terza, i due non lo hanno mai condiviso”. Da due giorni Il Fatto Quotidiano ripubblica questa velina, tale e quale. Senza mai dire quale sia la società terza. Lo abbiamo chiesto a Guido Alpa. “Occupo l’appartamento al terzo piano, la società locatrice è dei proprietari dell’intero palazzo, i conti Pasolini dall’Onda”. Nobiltà ravennate che affita a Alpa, Conte, Di Donna e all’ambasciata Russa.

Nello specifico, Luca Di Donna condivide con Giuseppe Conte il piano di sopra. “Stanno al quarto piano. Anche Di Donna ha locato l’appartamento dalla società dei proprietari del palazzo”, prosegue Alpa. Ma, mette le mani avanti, “non ci sono specchi, né giochi di sorta”. Insomma, anche Alpa degli affari di Di Donna non se sa molto. “Con il professor Di Donna ho seguito e seguo tuttora alcune pratiche ma non c’è associazione professionale. Ciascuno ha i suoi clienti”. E infine ribadisce la propria estraneità ai fatti: “Non conosco le vicende di cui parlano i giornali e tanto meno le persone nominate”. Di commesse pubbliche, non vuole neanche parlare: “Non mi sono mai occupato di commesse ministeriali”.

Rimane certo che il prestigioso curriculum di Di Donna si è arricchito di lustro quando a presiedere il Consiglio Nazionale Forense era Guido Alpa. Le glosse dei suoi articoli scientifici sono un continuo rimando ad Alpa e a Conte. Ritroviamo un documento del 2014 in cui il Cnf insieme con Temple University organizzavano, sotto le insegne dello stesso Alpa, un bel viaggio di studio negli Stati Uniti. Per prendervi parte andava mandata una mail a Luca Di Donna e far seguire bonifico su Bnl di Torre Argentina. Da lì in avanti una intensa partecipazione alle attività dell’ordine degli avvocati, per l’avvocato rampante, tanto da essere individuato quale Presidente della commissione per l’esame da avvocato a Roma, per il 2020. Per il Cnf e la Scuola superiore dell’avvocatura Di Donna parlerà, il prossimo 20 e 21 ottobre, ad un’importante tavola rotonda nazionale sul ruolo delle scuole forensi.

Il vice presidente della Scuola Superiore dell’Avvocatura, Salvatore Sica, usa termini chiari: “Di Donna qui in avvocatura? Veniva sempre con Alpa e Conte. È stato portato da loro. Non sopporto gli atteggiamenti di chi dopo dice di non conoscere più nessuno”. E ribadisce: era una cordata, “un sodalizio”. Anzi, usa una parola ancora più esplicita: “Un trio”. “Fa sorridere pensare che non si frequentino. Di Donna era sempre al seguito di Conte ed Alpa”. Ma precisa: “Organicamente non ha nulla a che vedere con l’avvocatura italiana”. Rimane un’ombra. E per dargli un corpo incontriamo in un caffè di piazza San Lorenzo in Lucina un consulente che ha operato per le istituzioni e che rivela, chiedendoci l’anonimato, di aver trattato anni fa una compravendita fondiaria. “Dovevo acquistare un terreno e gli amici del GOI, la massoneria, mi indirizzarono per avviare le trattative da Luca Di Donna, che ho incontrato nello studio di piazza Cairoli 6”. Chiediamo lumi, si limita a dire: “Di quella compravendita non se ne fece niente, ma dall’obbedienza mi dissero che per gli affari importanti era il nostro punto di riferimento”.

C’è libertà associativa, ci mancherebbe. Ma sulla rete di potentissime amicizie che legano Di Donna e Conte adesso sono in tanti a chiedere al Parlamento di assumere una iniziativa forte. Forza Italia, Italia Viva e ieri anche Fratelli d’Italia, con il senatore Giovambattista Fazzolari: “Trapelano notizie disgustose e sconcertanti su un meccanismo di mangiatoia fatta da persone vicine all’ex premier Conte su tutta la gestione dell’epidemia Covid. Ultimo in ordine di tempo della lunga lista di figuri che si sarebbero abbuffati grazie all’emergenza e ai buoni rapporti col governo Conte II, l’avvocato Luca Di Donna, già collega di studio Di Conte, indagato per loschi giri di appalti e consulenze. Una situazione che richiederebbe immediatamente chiarezza”.

Alle sorti del Conte II sono legate – come era stato rilevato già al tempo – numerose telefonate partite da Piazza Cairoli. E non solo. Dall’entourage di Lorenzo Cesa trapela quella che ci viene definita “una insostenibile pressione”, in quei giorni di fine gennaio. “Apparati dello Stato e perfino del Vaticano” avrebbero sollecitato con insistenza una conclusione della crisi che portasse alla riconferma di Giuseppe Conte e impedito alla crisi di aprire la prospettiva che portò poi invece alla formazione del governo Draghi. Tra le segreterie, i portavoce, gli uffici stampa il nome di Di Donna è indissolubilmente legato a quelle telefonate concitate. Anche se Giuseppe Conte non ne sapeva assolutamente niente: giura solennemente che lui dell’amico Di Donna ha perso le tracce dal giugno 2018. Allontanandosi dalla luce le ombre, si sa, s’allungano a dismisura.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.