Si chiama James Webb il telescopio da 10 miliardi di dollari lanciato alle 13.20 (ora italiana) del 25 dicembre nello spazio con l’obiettivo di far luce sulle prime stelle dell’universo e perlustrare il cosmo alla ricerca di tracce di vita. Il lancio è avvenuto nella Guyana francese, in Sudamerica, a bordo di un razzo Ariane.
Il telescopio James Webb, il più grande e potente al mondo, raggiungerà lo spazio in un mese, poi saranno necessari altri cinque mesi prima che inizi a lavorare. La spedizione è il frutto di una collaborazione fra la Nasa, l’agenzia spaziale europea Esa e quella canadese. È pensato come successore del telescopio spaziale Hubble e adesso sta sfrecciando verso la sua destinazione a un milione di miglia di distanza.
L’obiettivo della missione sarà quello di rispondere a due domande: da dove veniamo e se siamo soli nell’universo. Per prima cosa dovranno aprirsi l’enorme specchio e il parasole del telescopio, che sono stati piegati come origami per poter entrare nell’ogiva del razzo. Con uno specchio che misura 6,5 metri, contro i 2,4 del predecessore Hubble lanciato nel 1990, James Webb è il più grande dei telescopi mai partiti per lo Spazio.
“Ci darà una migliore comprensione del nostro universo e del nostro posto nell’universo: chi siamo, cosa siamo, la ricerca che è eterna”, ha spiegato l’amministratore della Nasa Bill Nelson. Se tutto va bene, il parasole si aprirà tre giorni dopo il decollo, impiegando almeno cinque giorni per aprirsi e bloccarsi nella posizione corretta. Successivamente, i segmenti dello specchio dovrebbero aprirsi come le foglie di un tavolo a ribalta, circa 12 giorni dopo il lancio. Complessivamente centinaia di meccanismi devono funzionare alla perfezione affinché il telescopio abbia successo: “Come in nessuna cosa fatta finora”, ha detto il direttore del programma della Nasa Greg Robinson.
“James Webb Space Telescope è partito! E il primo contatto dallo spazio è avvenuto con successo grazie all’antenna della base Asi a Malindi, Kenya” annuncia via social, attraverso i propri canali ufficiali, l’Agenzia spaziale italiana (Asi). Nel post pubblicato su Facebook l’agenzia allega poi il link di un articolo con cui approfondire “questa grande missione”. Nel pezzo pubblicato sul sito globalscience.it si legge che “anche l’Agenzia Spaziale Italiana ha partecipato alle operazioni di lancio, monitorando il volo del Webb dalla sua base di Malindi, in Kenya. Qui, al Luigi Broglio Space Center, il team guidato da Jahjah Munzer dell’Asi ha effettuato il primo contatto con la missione dopo la separazione, seguendo il lanciatore Ariane 5 con l’antenna MLD2A a partire da 22 minuti dal liftoff (l’acquisizione del primo segnale Jwst sarà dopo circa 45 minuti dal liftoff)”. ”
Costato circa 10 miliardi di dollari, il Webb – si legge ancora – è una delle missioni spaziali più attese del nostro secolo. Giungerà dove nessun telescopio è mai arrivato, nel cosiddetto punto lagrangiano L2 a circa un milione e mezzo di chilometri dal nostro pianeta”.
“È un telescopio anastigmatico – spiega nell’articolo l’astrofisica Barbara Negri, responsabile dell’Unità Volo Umano e Sperimentazione Scientifica dell’Agenzia Spaziale Italiana – che con i suoi tre specchi ricurvi ha la possibilità di eliminare i tre ‘errori’ principali dell’osservazione astronomica, ovvero l’aberrazione sferica, il cromatismo e l’astigmatismo stesso. Quindi da un punto di vista tecnologico è più affidabile, ma è una grande impresa la sua apertura. Se pensiamo che è un telescopio di 6 metri e mezzo, già abbiamo un’idea della difficoltà. Lo specchio primario, che è il più complesso, è formato da 18 segmenti di specchi esagonali, che dovranno essere dispiegati in 3 sezioni. Quindi la prima fase della missione è tutta un’incognita, e ci vorranno sei mesi perché il Webb sia in condizione di operare“.
“Si potrà andare indietro nel tempo alle prime fasi del Big Bang – conclude l’astrofisica – e quindi studiare in maniera molto più approfondita la struttura dell’universo, la prima luce, la formazione delle prime galassie, la nascita di stelle e pianeti. E poi c’è l’importante campo scientifico aggiunto più recentemente, ovvero la ricerca di condizioni di vita su pianeti che orbitano intorno ad altre stelle, gli esopianeti. In particolare, la ricerca di biofirme: elementi chimici come l’ozono e il metano. Con queste premesse, siamo sicuri che James Webb aprirà frontiere scientifiche nuove”.
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