Matteo Garrone con L’imbalsamatore del 2002, Gomorra del 2008 e Dogman del 2018; Guido Lombardi con Là bas, del 2011; Edoardo De Angelis con Invisibili del 2016 e Il vizio della speranza del 2018. Quanti sono i film che da quasi vent’anni celebrano le rovine del litorale domitio-flegreo, location ideale per il racconto della deriva italiana? Ebbene, nessuno dei film elencati – per quanto uno più riuscito dell’altro e tutti, con diversa intensità, poeticamente coinvolgenti – ha potuto fare di questo litorale, una volta dorato e ora illividito dal degrado, una questione nazionale. Ci siamo commossi e indignati, e abbiamo anche sperato che qualche bella scena e un’ottima prova attoriale potessero cambiare le cose, ma in realtà questi film, lasciati senza progetto politico, ci hanno addirittura portato fuori strada.

Hanno fatto apprezzare le macerie di oggi come se fossero rovine del passato; e come queste ultime attraggono perché testimonianze di imperi caduti, quelle di oggi sono state esibite come prove di un capitalismo sconfitto dalla storia, con uguale senso del sublime e uguale appagamento. Da qui un sostanziale conservatorismo e una inconfessata paura del cambiamento, perché secondo questa distorta visione delle cose, a toccare le ferite si rischierebbe di perdere la memoria del corpo malato. C’è anche tutto questo, credo, dietro la crisi dell’ambientalismo politico in Italia. Perché altrove, in Europa, i Verdi guadagnano consensi e qui sono da decenni in crisi? Il voto francese ha riattualizzato il tema.

E il caso Mondragone insegna. Anche qui in Campania, i Verdi una volta influenti si sono poi dissolti praticando una sorta di estetizzazione delle emergenze. Molte quelle denunciate, rare quelle risolte. Cacciari dice che in Italia i Verdi «si sono schiacciati su battaglie decrepite» e che l’ambientalismo «ha avuto una declinazione più vicina a Rifondazione comunista che a quella di una forza di governo». Mi pare sia chiaro cosa intenda. Senza una politica capace di decidere e risolvere – senza un progetto riformista – non si va da nessuna parte. E la politica implica conflitti e compromessi, rotture e nuovi equilibri. In questo senso, il fatto che la politica abbia finalmente scoperto il litorale domitio-flegreo è dunque una buona notizia. Si dirà: anche i comizi di Salvini? Sì, anche quelli.

Perché creano il caso reale dopo tante messe in scena. E perché prima di ora, quando i comizi di Salvini non ci sono stati, le cose comunque non sono cambiate. Anzi, è successo esattamente quello che ho appena descritto: a Mondragone e Castel Volturno sono arrivati i registi, gli attori, i fotografi e i documentaristi, non gli architetti e gli ingegneri. Ma la politica è anche altro, naturalmente. Ed è per questo che ritengo sia un ottimo segno l’articolo con cui l’assessore Bruno Discepolo ha risposto ieri alle sollecitazioni del Riformista.

Questo giornale aveva chiesto che fine avesse fatto il Masterplan della Regione per la rigenerazione del litorale e Discepolo, dopo aver ripercorso date e passaggi decisionali importati, ha assunto un impegno preciso: portare in giunta per l’approvazione, entro il mese di luglio, il progetto definitivo. Dopo, nulla ancora sarà risolto, ma almeno ci sarà un orizzonte di riferimento. Il resto dovranno farlo le forze in campo. «Senza settarismi» e con un concreto senso del governo, suggerisce Cacciari. Se poi in campo ci saranno solo i leghisti di Salvini e i militanti dei centri sociali, be’, con tutti potremmo prendercela tranne che con loro. I veri responsabili saranno semmai gli assenti.