«Un intervento enorme e fuori dal comune. Una colossale e inedita operazione, diversa e superiore a ogni altra per la quantità di fondi a disposizione». Così Mara Carfagna, ministra del Sud e della Coesione territoriale ha definito gli 82 miliardi di euro destinati al Mezzogiorno da utilizzare in cinque anni, il 40 per cento dell’intero ammontare del Recovery appena approvato dal Consiglio dei Ministri e che, entro fine settimana, sarà inviato a Bruxelles. Un «colpo di bazooka» che va ad aggiungersi ai già previsti fondi strutturali europei 2021-2027, al fondo di sviluppo e coesione e ad altri 8,4 miliardi del React-Eu. Un’occasione unica e irripetibile per riavviare il processo di convergenza tra Mezzogiorno e Centro Nord fermo da decenni e, oggi più che mai, indispensabile per evitare di mettere seriamente e irrimediabilmente a rischio coesione sociale e territoriale.

La questione meridionale è antica quanto l’Unità d’Italia ma lo shock provocato dalla pandemia sta accentuando drammaticamente lo squilibrio nella struttura finanziaria delle imprese italiane con preoccupanti conseguenze economiche e sociali. Negli ultimi mesi, 32 mila aziende italiane sono entrate in deficit di liquidità con un fabbisogno complessivo di 17 miliardi di euro e il peggioramento delle condizioni finanziarie delle imprese è naturalmente ben più grave nel Mezzogiorno. Non è certo una novità che a pagare maggiormente i costi di ogni recessione siano le realtà più deboli. Il prodotto interno lordo del Mezzogiorno, negli ultimi dieci anni, ha già registrato un calo degli investimenti di circa il 30%. Negli ultimi venticinque anni la quota di Pil del Sud sul totale nazionale si è ridotta dal 25% del 1995 al 22% del 2019, con un livello di occupazione che ha evidenziato una crescita pari ad appena un quarto della media nazionale (4% contro 16%).

Il prodotto per persona nel Sud, dagli inizi degli anni ’70, è passato dal 65% del Centro Nord al 55%. L’incidenza nazionale dei neet – i giovani che non studiano e non lavorano – è il 23% ma nel Mezzogiorno sale al 32,6%. Negli ultimi anni, è stato forte anche il calo negli investimenti pubblici. Tra il 2008 e il 2018, la spesa pubblica per investimenti nel Mezzogiorno è più che dimezzata (da 21 a poco più di 10 miliardi). Se in Calabria la spesa sociale pro-capite è di 20 euro, nella Provincia autonoma di Bolzano arriva a 325 euro. E ancora: la speranza di vita nel territorio nazionale continua a essere la seconda più alta d’Europa ma la differenza tra Milano e Napoli è di 3 anni che diventano 10 se si considerano le fasce sociali più povere del Mezzogiorno e quelle più ricche del Settentrione. Un divario che, riguardo alla qualità dei servizi sanitari, diventa drammatico con la pandemia che, in pochi mesi, annulla i progressi di 10 anni. Se, fino al 2019, si era registrata una lieve riduzione delle persone in condizione di povertà assoluta scese dall’11 % al 10 %, la pandemia ha prodotto un salto indietro di 15 anni.

L’entità dei fondi in arrivo rende possibile, oggi, trasformare questa situazione di evidente arretratezza economica in opportunità storica. Non bastano però le risorse come ha ricordato il Primo Ministro, Mario Draghi e più volte ribadito anche il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. È necessario anche saperle impiegare efficacemente per evitare quanto già visto in passato con solo il 6% delle risorse europee a disposizione utilizzato. Bisogna puntare a una crescita generalizzata che abbia come volano i progetti del Pnrr sugli investimenti in infrastrutture e digitalizzazione per imprese, enti e famiglie. Sarà fondamentale – come auspicato dal Ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti – predisporre uno specifico «piano strutturato di proposte in materia di attrazione degli investimenti esteri, sempre ben accetti purché non abbiano mere finalità predatorie che non giovano allo sviluppo ma che aggrediscono i nostri patrimoni di conoscenze e la nostra sicurezza».

Anche il sistema bancario dovrà fare la propria parte. Una rete ben radicata di banche territoriali in grado di intervenire in maniera tempestiva a sostegno del tessuto produttivo attraverso il finanziamento dell’economia reale. Una rete che le Banche popolari, grazie all’esperienza di banche localistiche e alla conoscenza dei territori, continueranno a garantire in modo da rendere così possibile ampliare le ricadute dei progetti del Pnrr attraverso il coinvolgimento delle migliori realtà produttive dei singoli territori. Dunque, Governo, enti locali, sistema creditizio, sindacati e sistema industriale sono dinanzi a un’importante prova di maturità e responsabilità.

La crescita del Mezzogiorno rappresenta una opportunità storica per dare nuovo impulso all’economia italiana. Siamo d’accordo con la ministra Mara Carfagna e pensiamo che esistano tutte le prerogative «per aprire una stagione straordinaria, come negli anni ‘60, un periodo di benessere e sicurezza per i cittadini». Oggi, si apre una nuova e straordinaria opportunità per il Meridione. Non è consentito a nessuno lasciarla cadere o sprecarla: «è il tempo dell’ottimismo, dell’impegno, della speranza».