Gli effetti della crisi
Sul virus i conti non tornano, ma a pagare non può essere sempre il Sud
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Il tutto mentre anche la Corte dei Conti si è pronunciata sul tema “salute”, sul diverso e non meno importante fronte delle attività intraprese con i fondi erogati alle Regioni sulla base del Piano straordinario del Ministero della Salute, censurando lo stato di attuazione di questo stesso Piano e ritenendolo, in via generale, inadeguato e inefficace a realizzare gli obiettivi stabiliti dalla legge. Di conseguenza la Corte dei Conti ha bocciato anche le misure atte a fronteggiare il Covid rilevando, in via più specifica, un drammatico risultato numerico negativo nelle regioni del Centro-Sud rispetto a quelle del Centro-Nord, nella dotazione di adeguati strumenti tecnologici e di apparecchiature sanitarie all’avanguardia.
Intanto anche il mercato del lavoro registra numeri che fanno tremare le ginocchia. Basti pensare che la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, nel report Gli occupati in Italia ai tempi del Coronavirus, partendo dal numero di occupati prima dell’emergenza, ha dichiarato che, a oggi, «ammontano a circa 3 milioni i lavoratori che si sono ritrovati da un giorno all’altro a casa: un milione di questi sono autonomi, mentre 1,9 milioni sono dipendenti per lo più addetti alle vendite». Al nuovo presidente del Consiglio spetta, dunque, anche intervenire, con assoluta celerità, sulla situazione economica generale che sembra “dare i numeri” quasi in ogni settore, che va protetta e rafforzata con potenti interventi strutturali.
In linea con il discorso tenuto dallo stesso Draghi al meeting di Rimini della scorsa estate, per fare tutto ciò occorrerà un enorme sforzo in termini di istruzione e formazione dei giovani e meno giovani, affinchè si diventi tutti più competenti e competitivi, cioè in grado di gestire in maniera adeguata i settori economici esistenti e di accedere alle nuove professioni richieste dai settori in via di sviluppo: è indispensabile per abbassare in maniera significativa il saldo degli inoccupati. Per altro verso, va rinforzata quella coscienza collettiva necessaria e va compreso che abbandonare oggi al proprio destino i più deboli, presenti soprattutto nelle regioni del Sud, equivale a condannare l’intera nazione a un futuro di povertà e disperazione sociale.
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