Mario Draghi non ha fatto in tempo a insediarsi e a prendere in mano la questione della campagna vaccinale – cioè, da un lato, la necessità di ottenere le dosi del vaccino da somministrare alla popolazione al più presto e nella maggiore quantità possibile e, dall’altro, quella di intervenire sulle strutture indispensabili per conservarlo e veicolarlo nel modo adeguato – che sul cielo della nostra bella Penisola si è abbattuto un nuovo fulmine.
E, difatti, all’istituto Pascale di Napoli, già da qualche settimana è stata isolata una variante del virus finora mai individuata in Italia e registrata, in pochi casi, solo in Nigeria, Gran Bretagna, Danimarca e Stati Uniti. Si tratta di una versione del virus molto somigliante alla variante inglese, ma contenente altre mutazioni da approfondire e analizzare con attenzione, per evitare che le stesse risultino “resistenti” ai vaccini disponibili e che, di conseguenza, vanifichino la campagna vaccinale in atto. I casi di soggetti positivi a tale variante del virus sono aumentati tanto rapidamente in Campania – insieme al generale incremento dell’incidenza anche nelle classi più giovani di età – da eleggerla regione con il più alto tasso di contagi e relegarla nuovamente nella cosiddetta zona rossa.
D’altra parte, tale rischio era stato denunciato a gran voce dai migliori epidemiologi che avevano appunto evidenziato come la mancanza del quantitativo dei tre vaccini al momento disponibili (Pfizer-Biontech, Moderna e AstraZeneca), a coprire i 50 milioni (almeno) di persone da vaccinare, avrebbe purtroppo avuto la conseguenza di lasciare a “piede libero” il virus per il tempo sufficiente a consentire allo stesso di mutare. A ogni buon conto, pur volendo adottare un approccio estremamente ottimista e fiducioso nell’operato di Mario Draghi, l’intera popolazione italiana potrà risultare vaccinata non prima della fine del prossimo autunno, con la conseguenza che sarà fortemente sacrificato anche il numero degli elettori presenti alle urne nelle prossime elezioni regionali, che perciò  vedranno gravemente pregiudicato il valore supremo della democrazia tanto nella propaganda quanto nella veicolazione dei programmi politici e nell’espressione effettiva del diritto al voto.

Il tutto mentre anche la Corte dei Conti si è pronunciata sul tema “salute”, sul diverso e non meno importante fronte delle attività intraprese con i fondi erogati alle Regioni sulla base del Piano straordinario del Ministero della Salute, censurando lo stato di attuazione di questo stesso Piano e ritenendolo, in via generale, inadeguato e inefficace a realizzare gli obiettivi stabiliti dalla legge. Di conseguenza la Corte dei Conti ha bocciato anche le misure atte a fronteggiare il Covid rilevando, in via più specifica, un drammatico risultato numerico negativo nelle regioni del Centro-Sud rispetto a quelle del Centro-Nord, nella dotazione di adeguati strumenti tecnologici e di apparecchiature sanitarie all’avanguardia.

Intanto anche il mercato del lavoro registra numeri che fanno tremare le ginocchia. Basti pensare che la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, nel report Gli occupati in Italia ai tempi del Coronavirus, partendo dal numero di occupati prima dell’emergenza, ha dichiarato che, a oggi, «ammontano a circa 3 milioni i lavoratori che si sono ritrovati da un giorno all’altro a casa: un milione di questi sono autonomi, mentre 1,9 milioni sono dipendenti per lo più addetti alle vendite». Al nuovo presidente del Consiglio spetta, dunque, anche intervenire, con assoluta celerità, sulla situazione economica generale che sembra “dare i numeri” quasi in ogni settore, che va protetta e rafforzata con potenti interventi strutturali.

In linea con il discorso tenuto dallo stesso Draghi al meeting di Rimini della scorsa estate, per fare tutto ciò occorrerà un enorme sforzo in termini di istruzione e formazione dei giovani e meno giovani, affinchè si diventi tutti più competenti e competitivi, cioè in grado di gestire in maniera adeguata i settori economici esistenti e di accedere alle nuove professioni richieste dai settori in via di sviluppo: è indispensabile per abbassare in maniera significativa il saldo degli inoccupati. Per altro verso, va rinforzata quella coscienza collettiva necessaria e va compreso che abbandonare oggi al proprio destino i più deboli, presenti soprattutto nelle regioni del Sud, equivale a condannare l’intera nazione a un futuro di povertà e disperazione sociale.